A cura di Roberta Tassora
Introduzione
1 Presentazione dell'operaL'opera che pubblichiamo, intitolata Apollonii Conica Elementa libri quatuor è la ricostruzione ex traditione Maurolyci dei primi quattro libri delle Coniche di Apollonio. Nelle 215 proposizioni che la compongono, vengono illustrati gli elementi fondamentali necessari alla descrizione delle sezioni coniche, a partire dalla loro individuazione nel cono a due falde per arrivare ad una analisi dettagliata delle proprietà caratteristiche. Gli Apollonii Conica Elementa libri quatuor ci sono pervenuti attraverso due testimoni: il manoscritto autografo datato 1547, conservato oggi a Madrid presso la Biblioteca di San Lorenzo de El Escorial (siglum A1), ed un volume stampato a Messina nel 1654 dagli eredi di Pietro Brea, a cura di un non meglio identificato Paolo Maurolico (siglum S13). 2 Tradizione e novitàSecondo quanto si trova scritto nella lettera ad Eudemo che apre il primo libro delle Coniche, l'opera di Apollonio era costituita da otto libri. Sfortunatamente, solo i primi quattro si conservarono nella tradizione greca e furono tradotti e pubblicati in latino per la prima volta da Giovan Battista Memo nel 15371. La ricostruzione mauroliciana ripropone l'opera apolloniana senza modifiche sostanziali nell'impianto dimostrativo ed in una forma matematicamente chiara e corretta. Interventi originali, limitati, ma non per questo di scarso interesse, si riscontrano nelle aggiunte e negli Scholia che Maurolico inserisce a commento di alcuni teoremi. Tali aggiunte, in particolare nel primo libro, sembrano risentire degli studi sulle coniche effettuati dal giovane Maurolico, prima di conoscere la teoria apolloniana e raccolti nell'opera giovanile Elementa Conicorum purtroppo perduta2. Se la struttura dell'opera apolloniana rimane inalterata, dobbiamo osservare tuttavia che Maurolico interviene in taluni casi sulle singole dimostrazioni proponendo varianti e soluzioni che ritiene probabilmente più chiare o eleganti. Se da una parte c'è quindi il rispetto nei confronti del testo da ricostruire, si nota sempre l'atteggiamento tipico del matematico che interviene liberamente laddove ritiene di intravedere imperfezioni o errori. Maurolico si sente quindi libero di introdurre nuove proposizioni necessarie per le sue dimostrazioni o di eliminarne altre divenute superflue. Nella lettera dedicatoria della Cosmographia, indirizzata al Cardinale Bembo e datata 1540, Maurolico indica la fonte principale dei suoi Apollonii Conica Elementa libri quatuor:
Nella lettera al Viceré di Sicilia Juan de Vega del 1556, il riferimento alla traduzione di Memo diventa più ampio ed articolato e lascia immaginare un lavoro di restauro effettuato da Maurolico proprio su questa edizione. Leggiamo infatti:
Dalle parole di Maurolico emerge chiaramente il fatto che il lavoro di ricostruzione del testo apolloniano sia partito proprio dallo studio dell'opera di Memo, senz'altro utile fonte, ma anche motivo di riflessione da parte dell'autore per l'interpretazione dei passi oscuri, mal tradotti o lacunosi. In effetti, il confronto tra il testo mauroliciano e quello prodotto da Memo avvalora le parole di Maurolico fornendo una prova importante circa la dipendenza della ricostruzione mauroliciana dalla traduzione del 1537. Un esempio di tale evidenza può essere senz'altro fornito dal confronto fra le tre redazioni della lettera ad Eudemo -- con cui si apre il primo libro delle Coniche -- rispettivamente tratte dall'edizione di Memo del 1537, dal manoscritto autografo di Maurolico datato 1547 e dall'edizione a stampa delle Coniche mauroliciane del 1654.
Scorrendo i testi possiamo notare la forte similarità tra la versione del manoscritto e quella della traduzione memmiana. È interessante notare che nel manoscritto Maurolico segue il testo di Memo anche quando questo risulti errato o non del tutto sensato. Si consideri, ad esempio, la descrizione del contenuto degli otto libri delle Coniche, che nella versione della prima colonna si presenta nel modo seguente:
La traduzione di Memo appare piuttosto bizzarra nell'attribuire non solo ai primi quattro, ma anche a tutti i successivi libri delle Coniche un carattere elementare. Nonostante ciò, la prima versione mauroliciana propone in maniera pressoché identica la svista di Memo:
e solo nella versione a stampa corregge dicendo
Situazioni analoghe si ritrovano nel corso della lettera forse per l'impossibilità da parte di Maurolico di individuare una lezione più coerente basandosi su ragionamenti di tipo matematico. La forte similarità tra i due testi si ritrova anche nelle definizioni che aprono il primo libro in cui Maurolico riprende la traduzione di Memo lasciandola pressoché inalterata.
Diversa è la situazione per quanto riguarda le proposizioni: lo stile adottato da Maurolico risulta più schematico e probabilmente per questo più chiaro di quanto non sia quello di Memo. Così la dimostrazione rimane inalterata, ma l'esposizione risulta profondamente mutata dal punto di vista formale. Nella tabella 2 riportiamo, a titolo di esempio, la proposizione iniziale del primo libro.
Indubbiamente il fatto che Maurolico conoscesse e avesse studiato a fondo il testo di Memo per la sua ricostruzione delle coniche non è sufficiente ad escludere l'ipotesi che egli possa aver utilizzato anche qualche altra fonte, quale ad esempio una manoscritto greco delle Coniche. A questo proposito risultano particolarmente interessanti gli articoli di Ken Saito (1994 e 2001), a cui rimando per un'analisi dettagliata del problema, in cui si mostra l'indipendenza della versione di Maurolico da un manoscritto greco attraverso uno studio delle modalità con le quali Maurolico colma le lacune presenti nel testo di Memo. Nei suoi lavori, Saito evidenzia alcune situazioni in cui, di fronte ad una lacuna del testo, Maurolico procede non seguendo la via apolloniana, ma ricostruendo una propria dimostrazione matematicamente coerente che superi le difficoltà contenute nel testo. Talvolta la ricostruzione mauroliciana risulta estremamente prolissa, meno elegante di quella che egli avrebbe potuto trarre dalla consultazione di un esemplare greco. Gli elementi emersi fino ad ora ci permettono, quindi, di individuare in Memo la fonte principale e probabilmente l'unica importante della ricostruzione mauroliciana dei primi quattro libri delle Coniche. 3 Contestualizzazione dell'operaL'opera di ricostruzione delle Coniche di Apollonio da parte di Maurolico si colloca tra il 1537, anno in cui finalmente è disponibile un testo integrale di tale opera, e il 1547, come testimoniano le date presenti all'interno del manoscritto autografo che ci è pervenuto. In effetti, tracce di un lavoro di studio da parte di Maurolico sull'opera apolloniana, e non genericamente su un trattato di conica, si trovano anche precedentemente al 1547, nella già citata lettera dedicatoria della Cosmographia del 1540, in cui Maurolico sembra conoscere bene l'opera di Memo così da poter esprimere un giudizio sul lavoro di traduzione e sulla qualità matematica del testo. L'interesse per le sezioni coniche da parte di Maurolico risale peraltro al periodo giovanile, in cui attraverso opere minori, quali il De sectione cylindri di Sereno -- rielaborato ex traditione Maurolyci nel Sereni cylindricorum libelli duo -- egli si scontra con la necessità di possedere alcuni teoremi relativi a proprietà delle sezioni coniche. Di fronte alla mancanza di un testo che riportasse tali teoremi, Maurolico ricostruisce a partire da fonti frammentarie un proprio testo di conica genericamente citato nelle opere giovanili con il titolo Elementa Conicorum. Siamo nel periodo tra il 1528 e il 1534. La pubblicazione del testo integrale delle Coniche da parte di Memo dovette sembrare a Maurolico la risposta a molti interrogativi stimolandolo nella lettura e probabilmente nella ricostruzione corretta e matematicamente coerente del testo apolloniano. 4 FortunaCome molte delle opere mauroliciane, anche gli Apollonii Conica Elementa libri quatuor non furono pubblicati durante la vita dell'autore. Nonostante alcuni tentativi effettuati dagli eredi diretti, i nipoti Francesco e Silvestro (in particolare nel 1598, cfr. Introduzione a questo volume, § 2), l'edizione a stampa, seguì di quasi un secolo la stesura manoscritta risalendo al 1654. Il valore dell'opera resa pubblica così tardi risultò indubbiamente sminuito dal fatto che i primi quattro libri delle Coniche erano già noti e disponibili nella traduzione corretta e chiara di Federico Commandino del 15663. Probabilmente per questo motivo la fortuna del testo fu limitata, mentre diverso è il destino delle ricostruzioni originali del quinto e sesto libro, pubblicati insieme ai primi quattro, per i quali rimandiamo all'introduzione relativa4. 5 Testimonims: El Escorial, Biblioteca Real de San Lorenzo, J.III.31 (siglum A1) st: Francisci Maurolyci Messanensis Emendatio et Restitutio Conicoum Apollonii Pergaei, Messanae Typis Haeredum Petri Breae. MDCLIIII. (siglum S13) 6 Criteri di edizioneIl manoscritto escorialense è costituito da 117 carte numerate nel margine superiore recto ed è caratterizzato da una grafia estremamente ordinata che utilizza caratteri più grandi per le parti introduttive e gli enunciati delle proposizioni mentre riserva caratteri minuti e ricchi di abbreviazioni al corpo delle dimostrazioni. Le figure geometriche che accompagnano il testo appaiono particolarmente curate, più chiare spesso di quelle presenti nell'edizione a stampa. Questi elementi inducono a pensare che si tratti di una stesura in bella copia, nonostante siano presenti alcune aggiunte in margine (quasi esempre effettuate con lo stesso inchiostro del testo principale) e talvolta cancellature. L'edizione a stampa pubblicata con il titolo Emendatio et restitutio Conicorum Apollonii Pergaei contiene oltre alla traduzione dei primi quattro libri delle Coniche anche il quinto e sesto ricostruiti da Maurolico in base alle brevissime indicazioni presenti nella lettera ad Eudemo all'inizio del primo libro. Non abbiamo molte notizie circa le modalità che portarono alla pubblicazione così tarda dell'opera, ma un documento, rinvenuto da Ugo Baldini (1996), datato 2 marzo 1654 coinvolge Giovanni Alfonso Borelli nell'impresa: in tale documento Borelli si impegna, infatti, a correggere e a dar copia delle figure di un'opera mauroliciana. In effetti, il riferimento alle Coniche non è esplicito, ma la coincidenza di date, nonché la necessità di fare tracciare le figure e correggere il testo da un matematico rende la conclusione che ci si riferisca alle Coniche molto probabile. L'intervento di Borelli dovette esser, tuttavia, piuttosto tardo, probabilmente ad opera già iniziata, come suggerisce il fatto che la lettera dedicatoria di Paolo Maurolico al Senato di Messina è datata 15 agosto 1653. La distanza temporale che separa i due testimoni, il fatto che la stampa non solo non poté essere seguita dall'autore, ma, soprattutto fu realizzata quando la conoscenza della teoria apolloniana aveva avuto modo di diffondersi ed approfondirsi (ricordiamo che nel 1566 fu pubblicata la traduzione di Federico Commandino) rendono estremamente complesso il problema di scegliere il testimone su cui basare l'edizione critica. L'esistenza di un esemplare autografo ci obbliga a prestar fede a quanto esso contiene, ma non possiamo escludere l'eventualità che Maurolico stesso sia intervenuto in tempi successivi al '47 sulla sua stessa opera. In questa prospettiva la stampa potrebbe divenire l'unico prezioso testimone delle ``ultime volontà'' dell'autore. Il problema si pone con una certa importanza dal momento che gli studi svolti hanno escluso una dipendenza diretta dell'edizione a stampa da una copia del manoscritto escorialense: le varianti tra i due testimoni, nonostante siano sempre locali, sono estremamente numerose e coinvolgono non solo l'aspetto formale, ma anche quello prettamente matematico-dimostrativo. Dobbiamo osservare che se la stampa non dipende direttamente dal manoscritto dell'Escorial o da una copia fedele, tuttavia, una sorta di dipendenza tra i due testimoni esiste. In effetti, abbiamo verificato che tutte le aggiunte in margine o in interlinea presenti nel manoscritto escorialense sono accolte nell'edizione a stampa. Abbiamo individuato una sola eccezione, nel IV libro, che tuttavia ci sembra spiegabile con una svista. L'analisi delle varianti ha messo in evidenza il fatto che esistono differenze tra manoscritto e stampa, che noi abbiamo chiamato ``varianti d'autore'', in quanto difficilmente attribuibili ad un intervento effettuato da una persona diversa dall'autore stesso. Si tratta di varianti che coinvolgono un cambiamento concettuale, per quanto lieve, una modifica in una dimostrazione corretta nel senso di una semplificazione o di un chiarimento ulteriore di un passaggio. Non si tratta di modifiche profonde né radicali, ma sembrano rispondere ad un'esigenza quasi estetica di chiarezza o di semplicità dimostrativa. Varrà forse la pena di vedere brevemente un esempio. La proposizione 16 del primo libro è una delle poche proposizioni di questo libro in cui troviamo un cambiamento nelle lettere della figura. L'enunciato del teorema può essere così riassunto:
L'ectesi del manoscritto è la seguente:
Nella dimostrazione, dopo aver preso arbitrariamente su una delle due sezioni opposte un punto dal quale viene fatta partire ht parallela al diametro, Maurolico definisce il punto x come l'intersezione di dg con la retta ht. Nella stampa l'ectesi cambia ed introduce direttamente il punto x senza passare attraverso un punto iniziale d che, di fatto, nella dimostrazione non gioca alcun ruolo:
Il cambiamento introdotto nella versione a stampa non è certa sostanziale: la dimostrazione non subisce alcuna variazione. Confrontando il testo a stampa con quelo manoscritto possiamo notare che, a parte le dovute sostituzioni della d con la x, non ci sono altri cambiamenti che non siano di tipo espositivo. Proprio perché così poco significativa da un punto di vista matematico ed al tempo stesso non dettata da una maggiore aderenza al testo originario, questa variante appare estremamente interessante dal nostro punto di vista. Se, infatti, ci sembra plausibile che Maurolico stesso abbia ritenuto opportuna la modifica per ottenere una forma più elegante dal suo punto di vista, ci sembrerebbe strano un intervento di questo tipo da parte di un redattore che sarebbe intervenuto allontanandosi addirittura dal testo di Apollonio stesso. La presenza di varianti di questo tipo ci ha indotto a pensare che Maurolico possa essere ritornato sugli scritti del '47 apportando parziali modifiche analogamente a quanto egli fece per altri suoi lavori. Ricordiamo, inoltre, che Maurolico morì nel 1575, quasi trent'anni dopo la stesura del manoscritto escorialense, e che l'interesse per le sezioni coniche accompagnò la sua attività scientifica fino a tarda età. Nell'ultima parte della sua vita, tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 Maurolico lavorò con l'idea di scrivere una serie di compendi delle principali opiere classiche che prevedevano anche un compendio in tre libri sulle coniche (cfr. l'Introduzione a questo volume, § 5). La compilazione di tale compendio avrebbe potuto rappresentare un'occasione per la rivisitazione dei suoi scritti di conica. Vorremmo osservare, infine, che durante la vita di Maurolico (in particolare nella seconda metà degli anni '50 quando fu progettata l'edizione di tutta la sua opera, progetto che produsse però solo il volume degli Sphaerica del 1558) ci furono vari tentativi di stampare il corpus delle sue opere, tra cui gli scritti di conica. In queste occasioni, purtroppo fallite, Maurolico avrebbe avuto l'occasione per rivisitare i suoi lavori sull'argomento rivedendoli e correggendoli. Quanto appena descritto ci sembra stia a indicare che, con un'alta probabilità, Maurolico possa essere intervenuto sulla stesura del '47 apportando cambiamenti che si troverebbero ora nell'edizione a stampa. Queste considerazioni, unite al fatto che il testo tràdito dall'edizione del 1654 è il testo che ha circolato ed è stato letto ed eventualmente commentato dai matematici del tempo, ci hanno indotto a proporre per l'edizione critica il testo del volume a stampa; l'apparato registra comunque in nota tutte le lezioni del manoscritto escorialense. 7 FontiEuclidis Elementa edidit et latine interpretatus est I.L. Heiberg, Lipsiae, in aedibus B.G. Teubneri, 5 voll. (1883-1888) G.B. Memo, Apollonii Pergei philosophi, mathematicique excellentissimi Opera per doctissimum philosophum Ioannem Baptistam Memum Patritium Venetum, mathematicharumque artium in Urbe Veneta lectorem publicum de Graeco in Latinum et noviter impressa, Venezia 1537. 1 Apollonii Pergei philosophi, mathematicique excellentissimi Opera per doctissimum philosophum Ioannem Baptistam Memum Patritium Venetum, mathematicharumque artium in Urbe Veneta lectorem publicum de Graeco in Latinum et noviter impressa, Venezia 1537. 2 Relativamente agli Elementa Conicorum giovanili si veda l'articolo di [Tassora 1995]. In particolare per una proposta di ricostruzione degli Elementa Conicorum si veda poi [Tassora 1995b]. 3 Apollonii Conicorum libri quattuor. Una cum Pappi Alexandrini Lemmatibus et Commentariis Eutocii Ascalonitae. Sereni Antinensis Philosophi Libri duo nunc primum in lucem editi. Quae omnia nuper Federicus Commandinus Urbinas mendis quamplurimis e Graeco convertit et Commentariis illustravit. Cum privilegio Pii III Pont. Max. in annos X, Bononiae, 1566. 4 Sulla ricostruzione mauroliciana del V e VI libro delle Coniche apolloniane, si vedano anche i contributi di Aldo Brigaglia (1987 e 2001).
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