A cura di Gianpaolo Pasquotto
Introduzione
1 Presentazione dell'operaGli Arithmeticorum libri duo, scritti -- a quel che sembra -- nel 1557 e pubblicati postumi a Venezia nel 15751, si compongono di due libri di 110 proposizioni ciascuno, corredati di scoli, corollari e prolegomeni. Precede il primo libro una lunga tabella di ``numeri figurati'', seguita dalla Formatio numerorum praecedentis tabellae e da due brevi paragrafi che trattano rispettivamente de solidis regolaribus e de numero perfecto2. In appendice allo stesso libro figura inoltre una Repastinatio quorundam locorum di 25 proposizioni. Solo nel manoscritto Vat. Lat. 31313 l'opera viene introdotta da una lettera dell'autore al cardinal Amulio datata 1 dicembre 1568. È lo stesso Maurolico a riassumere il contenuto del trattato, che peraltro -- come si noterà -- è da lui indicato in più di un'occasione come Arithmetica speculativa. Scrive infatti nella lettera al Bembo del 1540:
E oltre quindi anni dopo, nella lettera a Juan de Vega (§§ 93--94):
Infine, nell'Index lucubrationum che accompagna il volume degli Sphaerica del 1558 così si esprime:
In effetti, il primo libro dell'opera, suddiviso in due partes (rispettivamente proposizioni 1-66 e 67-110), a loro volta articolate in varie sezioni da successivi prolegomena, è dedicato ai numeri figurati del primo genere, sia piani che solidi, e ai numeri centrali, mentre il secondo libro, che presenta un'estensione e un'organizzazione simile al precedente, tratta della quantità generale ovvero dell'aritmetica pratica delle grandezze razionali ed irrazionali e in particolare dei numeri irrazionali euclidei. Se però il piano dell'opera risulta chiaro e ben delineato, la successione delle proposizioni non sembra sempre rigorosa: qui basterà notare, ad esempio, che l'argomento trattato a partire dai prolegomena e dalle definizioni successive alla proposizione 86 fino alla proposizione 99 del primo libro -- i solidi regolari -- è in realtà annunziato già nella proposizione 84, nel cui corollario si legge: ``et protinus de regularibus solidis disserere incipiamus'' , sebbene poi nelle proposizioni 85 e 86 si affronti tutt'altro tema. Non meno strano è poi che nella Repastinatio -- in cui, tra l'altro, si calcola il quadrato secondo di un binomio (proposizione 22)4 -- venga per due volte citata la proposizione 21 del secondo libro dell'opera5. 2 Tradizione e novitàMalgrado le stranezze a cui si è accennato, le dimostrazioni fornite nell'opera sono logicamente vincolate le une alle altre e gli unici rinvi ad altre opere rimandano agli Elementi di Euclide (citati secondo l'edizione del Campano), che costituiscono anche l'ideale logico-deduttivo al quale Maurolico si ispira. L'autore stesso, infatti, presenta il primo libro dell'Aritmetica come una sorta di completamento dell'opera di Euclide, scrivendo all'inizio dei Prolegomena (§§ 43-45):
mentre nei Prolegomena alla pars secunda del secondo libro afferma (§ 3):
Sebbene dunque nell'introduzione egli menzioni Pitagora, Giamblico, Nicomaco, Boezio (di cui Maurolico aveva allestito un compendio oggi perduto) e Giordano (noto all'epoca nell'edizione curata da Lefèvre d'Etaples e di cui Maurolico approntò un rifacimento andato disperso), ed altrove nomini Campano, Zamberti, Jacopo Fabro, Apollonio, Memmio, Giorgio Valla, Filolao e Platone, il procedimento mauroliciano si pone assai all'avanguardia rispetto a quello dei predecessori per due aspetti ben precisi:
Anche di Euclide, infine, le proposizioni citate sono poche e quasi sempre le stesse, utilizzate per superare passaggi aritmetici e, all'occorrenza, trasferite esplicitamente in numeri7. Un più consistente richiamo agli Elementi di Euclide si trova invece all'inizio della Repastinatio quorundam locorum, dove Maurolico deve enunciare le dimostrazioni euclidee su cui si basano le sue proposizioni:
3 Contestualizzazione dell'operaCome già si è accennato, l'Aritmetica risulta risalire al 1557 e precisamente --- a tener conto delle date apposte alla fine di ciascun libro --- al 18 aprile il primo libro e al 24 luglio il secondo. Non c'è tuttavia alcun dubbio che tali date corrispondano alla stesura del testo definitivo piuttosto che all'epoca di effettiva composizione dell'opera. Non soltanto infatti nella lettera al Bembo del 1536, tra le opere composte da Maurolico, è menzionata un'Arithmetica, di cui poi, nella lettera al Bembo del 1540, si fornisce una descrizione che ben si attaglia al testo in nostro possesso9, ma soprattutto un intenso lavorio intorno agli argomenti affrontati nell'opera è attestato dalle note e dagli appunti autografi conservati nel manoscritto San Pantaleo 115/32 della Biblioteca Nazionale di Roma (che tramanda persino il colophon conclusivo di non meglio identificati Arithmeticae speculativae supplementa datati 28 settembre 1539) e, soprattutto, da quelli risalenti agli anni compresi tra il 1553 e il 1557 e raccolti nel Par. Lat. 7473, che presentano una strettissima e pressoché costante coincidenza --- talora ad verbum --- con passi dell'Aritmetica. Non si può escludere, anzi, che il rimaneggiamento dell'opera nel 1557 sia da collegarsi con l'impegno di pubblicare per conto della municipalità messinese le opere matematiche dell'abbate, assunto in quel torno di tempo dal tipografo Pietro Spira, impresa editorale che, come è noto, si esaurì con l'edizione del solo volume degli Sphaerica nel 155810. Conclusa dunque la stesura dell'opera nel 1557, Maurolico cercò di ottenerne la pubblicazione, ricorrendo anche all'appoggio del cardinal Amulio, a cui sul finire del 1568 scrisse la lettera che inaugura il testo nell'unico testimone manoscritto, il già citato Vat. Lat. 3131. Non sappiamo se l'alto prelato -- veneziano per nascita e cultura, ma in quegli anni impegnato a Roma -- abbia in qualche modo cercato di rispondere alle attese dell'abbate messinese. È un fatto che quest'ultimo non poté vedere esaudito il suo desiderio, giacché l'opera uscì dai torchi di stampa del tipografo Francesco de' Franceschi solo nel 1575, a pochi mesi dalla morte dell'autore. Il fatto tuttavia che la stampa fosse realizzata in concomitanza con quella degli Opuscula mathematica, a cui gli Arithmeticorum libri, pur forniti di paginazione propria, risultano uniti dalla legatura, lascia pensare che a favorirne la realizzazione siano stati, piuttosto che Amulio, i padri gesuiti di Roma e di Messina, desiderosi di disporre di testi adeguati per l'insegnamento della matematica nei collegi della Compagnia11. 4 FortunaGli Arithmeticorum libri hanno goduto di una certa notorietà nei secoli successivi. Pascal, nella lettera al De Carcavi, si richiama a Maurolico per una dimostrazione sui numeri figurati:
Più tardi il Bachet de Méziriac cita espressamente la proposizione 62 del primo libro13 :
Maurolico era inoltre ben conosciuto da Mersenne e Frénicle14, mentre il Van Roomen loda l'utilità del secondo libro degli Arithmetica15:
Ancora nell'Ottocento, però, a Maurolico non erano riconosciuti tutti i progressi da lui compiuti, se il Boncompagni (Boncompagni 1875) doveva ricordare, ad esempio, che la relazione di De la Rive chiamata ``théorème de M. Turner'', sebbene ``enunciata da Nicomaco, da Giamblico, da Boezio, e da altri'', era stata ``dimostrata da Francesco Maurolico''16. 5 Testimoni e criteri di edizioneGli Arithmeticorum libri duo sono tramandati da due testimoni, un manoscritto coevo all'autore e un'edizione postuma, e precisamente:
Le principali differenze tra questi due testimoni sono le seguenti:
Si noti inoltre che in S sono stampati in carattere corsivo tutti gli enunciati con l'eccezione di quelli delle proposizioni 102-104 del primo libro nonché delle proposizioni 1-9 e 23-25 della Repastinatio. Ad accomunare C e S è invece il ricorso alle caratteristiche abbreviazioni mauroliciane dei termini geometrici, espressi disegnando figure geometriche sormontate dalla desinenza necessaria19. Poiché C non soltanto si rivela piuttosto scorretto, ma presenta frequentemente lunghe omissioni attribuibili a sauts du même au même20, mentre in S -- non privo a sua volta di errori particolari -- manca gran parte delle proposizioni 64 e 65 del primo libro, bisogna escludere un semplice rapporto di discendenza diretto di uno dei due testimoni dall'altro, malgrado la presenza di un certo numero di errori congiuntivi, tra cui un'omissione di lunghezza grosso modo pari a una riga di testo nella proposizione 98 del primo libro. In qualche punto, tuttavia, lo stato di S sembra responsabile degli errori di C. Se ne fornisce qui qualche esempio:
Allo stato attuale della ricerca sembrerebbe dunque che C sia stato allestito solo in parte su un perduto esemplare indipendente da S (da cui avrebbe tratto, ad esempio, il testo della lettera ad Amulio e delle proposizioni 64 e 65 del primo libro, assenti nel testo dell'Aritmetica stampato dal de' Francisci), ma in parte anche su una copia dell'edizione del 1575; oppure bisognerà concludere che C abbia avuto per modello una copia di S preventivamente corretta.
1 Vd. infra, al § 2. 2 Il De numero perfecto presenta peraltro una stretta affinità con l'ultima quaestio dell'Appendix nonnullarum quaestionum mechanicarum dei Problemata mechanica del 1569, a cui inoltre rimanda esplicitamente (§ 42 ``Verum haec discussio posita est in postremo problematum mechanicorum''). Per le possibili conseguenze che tale rinvio comporta sulla datazione dell'opera meccanica si veda l'introduzione ai Problemata mechanica. 3 Vd. infra, al § 4. 4 Fiero del risultato raggiunto, Maurolico afferma: ``possumus nobis laudem totam vendicare''. 5 Il rinvio (``quod in 21a secundi horum Arithmeticorum fuit ostensum'') ricorre nelle proposizioni 15 e 25 della Repastinatio. 6 A titolo di esempio, si potrà osservare che la proposizione 23 del libro primo è basata sulle precedenti proposizioni 20 e 22, la proposizione 29 sulla 28, la 33 sulla 13, la 41 sulla 40 e sulla 37, ecc. 7 Nel secondo libro la prima proposizione stabilisce che (a + b)c = ac + bc; la quarta che (a + b)2 = a2 + b2 + 2ab, mentre la successiva mostra che, se ma : a = mb : b, allora ma : a = (ma + mb) : m(a + b). 8 Tale risultato viene poi usato, ad esempio, nella dimostrazione della successiva proposizione 20. 9 Vd. supra al § 1. Già nei Grammaticorum libelli sex pubblicati nel 1528 il Maurolico si proponeva di scrivere ``duo libelli, unus de praxis arithmetica theoria, alter de arithmeticis datis''. 10 Su questa tormentata vicenda editorale si vedano i contributi di Napoli 1876, pp. 23--40; Macrì 1901; Puzzolo Sigillo 1921--22 e 1923--24; e, soprattutto, Moscheo 1996. 11 Sulle vicende che portarono all'edizione degli Opuscula mathematica vd. Sutto 1998, pp. 104-108. 12 B. Pascal, OEuvres complètes, Gallimard, Paris 1962, p. 237. 13 Vd. Sutto 1998, p. 347. 14 Cf. Sutto 1998, p. 347. 15 Vd. Sutto 1998, p. 270. 16 Si tratta infatti della proposizione 62 del primo libro relativa ai cubi. Anche in pieno Novecento, d'altronde, L. E. Dickson attribuisce a von Grafferiend, a Cartesio, all'Abbé Deidier e a Gallimard molti risultati che sono in realtà già presenti negli Arithmeticorum libri di Maurolico. 17 Manoscritto omogeneo, databile tra il 1568 (data della lettera di dedica conservata ai ff. 6r-7r) e il 1585 (ultima data possibile per la legatura), cartaceo, di ff. 176 (1-4 e 173-176 bianchi), mm. 228 x 172. Filigrane: ff. 1-4 e 173-176: ``stella'' (stella a sei raggi in un cartiglio romboidale, il tutto inscritto in un cerchio), mm. 45 x 45, simile a Briquet 6097 (Lucca 1566-67); ff. 5-32: ``fiori'' (tre fiori a forma di tulipano posti simmetricamente sullo stesso gambo inscritti in un cerchio sormontato da una stella), mm. 45 x 67, simile a Briquet 6684 (Roma 1555-1566); ff. 33-172: ``pellegrino'' (pellegrino con un bastone tenuto verticalmente, inscritto in un cerchio), mm. 44 x 44, non identificata. Fascicolazione: 1 bifoglio di guardia (ff. 1-4) + 2 quaternioni + 1 senione + 7 quaternioni + 1 ternione + 9 quaternioni + 1 ternione + 1 bifoglio di guardia (ff. 173-176). Privo di foratura e di rigatura, spazio scritto in media mm. 162 x 95, numero delle righe da 24 a 26 (a f. 38v: 27 + 2 righe aggiunte per completare la pars I del libro I), scrittura a piena pagina. Mani: le figure collocate nei margini e le tabelle all'interno del testo sembrano aggiunte in un secondo tempo, insieme a poche correzioni e integrazioni (p. es. ``Corollarium'' a f. 27v; ``Corrollarium'' a f. 28r, ecc.), da una mano forse diversa da quella principale e riconoscibile dalla forma caratteristica del numero ``8''. Copista: secondo Mercati, la mano principale andrebbe identificata con Francesco nipote di Francesco Maurolico: l'attribuzione non risulta però suffragata da motivi paleografici. Legatura del tempo di Gregorio XIII (1572-1585) e del card. bibliotecario Guglielmo Sirleto (1572-1585), a cinque nerbature (sistema del doppio nervo), in pelle marrone con anima lignea, senza copertura dei contropiatti, impressa e con stemmi dorati del papa sul piatto anteriore, del card. Sirleto sul piatto posteriore; tracce di due fermagli sul piatto posteriore e sul labbro del piatto anteriore. 18 Lo stampatore ha cercato di riprodurre fedelmente lo stato dell'esemplare a sua disposizione, dislocando le parole superstiti in modo da disegnare un cerchio, quasi che l'antigrafo presentasse delle macchie o delle bruciature tondeggianti che avessero reso illeggibile il testo. 19 Si può aggiungere che sia C sia S numerano le proposizioni 1-29 del primo libro lateralmente e non al centro della riga precedente gli enunciati. 20 Almeno in un caso, tuttavia, nella proposizione 49 del primo libro, l'omissione (da utar a sentit) non sembra essere determinata da motivi interni e per di più corrisponde ad una riga intera di S (l'ultima della proposizione).
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