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Cosmographia et astronomica quaedam
 Introduzione
A. Scripta cosmographica
1. Sphaerae et cosmographiae primordia quaedam
2. Cosmographia
2.1. Dialoghi tre della comographia
2.2. Cosmographia in tres dialogos distincta
2.3. Appendix tabularia ex optimis authoribus
3. Fragmenta cosmographica
3.1. Inventio solaris diametri per Heronem et Proclum
3.2. Inventio solaris diametri per Hipparchum quem sequitur Ptolemaeus
3.3. Terrestris ambitus inventio secundum Posidonium
3.4. Terrestris ambitus inventio secundum Eratosthenen
B. Scripta astronomica
1. De sphaera liber unus
2. Computus ecclesiaticus
3. Maurolyci in sphaeram communem adnotationes
4. Ptolemaicae traditiones
4.1. In magnae ptolemaicae constuctionis libros, argumenta per Maurolycum
4.2. Breviarium, sive epitome brevissima in Almagestum Ptolemaei, sive idea Ptolemaica per Maurolycum diligentissime ordinata
4.3. In theoricas planetarum adnotationes
4.4. Super motum octavae sphaerae
5. Tabulae astronomicae
6. Observationes et calculationes
6.1. Super novam stellam considerationes
6.2. Observationes aliae
7. Zodiacus vitae

Opere
Introduzione
1. Euclides
2. Sphaerica et parva astronomia
3. Arithmetica et algebra
4. Archimedes
5. Conica
6. Musica
7. Optica
8. Cosmographica et astronomica quaedam
9. Mechanicae artes
10. Epistulae

Instrumenta Maurolyciana
Introduzione
1. Catalogi
2. Bibliographica
3. Biographica
4. Iconographica
   
F  r  a  n  c  i  s  c  i        M  a  u  r  o  l  y  c  i        O  p  e  r  a        M  a  t  h  e  m  a  t  i  c  a

Cosmographica et astronomica quaedam

22 lug. 2004


Direttore del volume
Giovanni Cioffarelli
Giancarlo Truffa

Collaboratori
Paolo d'Alessandro
Rosario Moscheo
Lucio Sarti


Introduzione

La riflessione cosmografica di Francesco Maurolico è rappresentata principalmente da due opere, l'una in latino, l'altra in volgare, che costituiscono nella sostanza due redazioni parallele dello stesso testo, e precisamente:

  • a) la Cosmographia, in latino, terminata il 31 ottobre 1535 e stampata a Venezia nel 1543 con un'epistola dedicatoria a Pietro Bembo del 24 gennaio 1540 e un'appendice di tavole astronomiche datate 5 dicembre 15421;

  • b) i Dialoghi tre della cosmografia, in lingua italiana, terminati il 29 settembre 1536 e pervenuti nel manoscritto della Biblioteca dell'Università di Catania 522, copia settecentesca dell'esemplare allestito il 20 maggio 1544 da Giovan Pietro Villadicani3, amico e collega di Maurolico, con lo scopo dichiarato di raccogliere ``scritti dolati e politi da infinite postille, additioni et macchie, dall'autore nell'originale aggionte''4.

L'esplicita datazione dei due testi e la loro sostanziale contemporaneità è confermata anche dai riferimenti interni alle epidemie di peste che colpirono Messina nel 1500 e nel 15235. Alla prima il Maurolico si riferisce nella sola redazione latina (p. 38v), ricordando la casa fuori città in cui, da fanciullo, andò ad abitare per sfuggire il contagio:

domus, quam anno ab hinc quinto ac tricesimo cum parentibus ac fratribus puer incolui, dum urbe abessemus pestis contagia vitantes.

Alla peste del 1523 si accenna invece in entrambe le versioni della Cosmographia, a proposito di quattro amici che ne caddero vittima. Se infatti nel testo latino il Maurolico scrive:

gravis me dolor occupat cogitantem quatuor ex academia nostra sodales duodecimo ab hinc anno defunctos atque in illo ... D. Alexii sacello tumulatos iacere,

in modo non dissimile si esprime nella versione italiana:

un grave cordoglio m'hà occupato, pensando che quattro de' i compagni de la nostra academia, con li quali d'ogni speculativa materia raggionar solevamo, già undeci anni fa, son defunti et or dentro a questo sacello di Santo Alessio, sepulti iaceno6.

Un'ulteriore conferma che la prima composizione della Cosmographia risalga alla seconda metà del 1535, e in particolare al periodo compreso tra il mese di agosto e il 21 ottobre, forniscono infine l'accenno alla prossima spedizione tunisina di Carlo V7 e l'annuncio del suo successivo viaggio a Messina, dove l'imperatore soggiornò dal 21 ottobre al 2 novembre del 15358.

Precedenti alla pubblicazione dei dialoghi cosmografici sono invece diversi pregevoli opuscoli di astronomia, basati sul programma di studi del Regiomontano e non estranei agli argomenti oggetto dei dialoghi della Cosmographia, tra i quali segnaliamo in particolare:

  • 1) gli Sphaerica rudimenta, importante documento della nuova impostazione mauroliciana della didattica della sfera astronomica, ed i Geographiae principia, che trattano tra l'altro della longitudine e della latitudine di un luogo, della misura della circonferenza terrestre e delle zone climatiche, e contengono anche una cartina geografica della Terra e una dissertazione sui sistemi di misura delle grandezze: entrambi i testi furono pubblicati all'interno del volume dei Grammaticorum rudimentorum libelli sex edito nel 1528 (ff. 124r-126v);

  • 2) le note intitolate Inventio solaris diametri per Heronem et Proclum e Inventio solaris diametri per Hipparchum quem sequitur Ptolemaeus, tradite dal codice autografo conservato presso la Biblioteca Nazionale di Roma, San Pantaleo 115/32, f. 49r9, in cui la misurazione del diametro solare è realizzata ricorrendo rispettivamente all'ausilio di una clessidra e di una diottra10;

  • 3) le note intitolate Terrestris ambitus inventio secundum Posidonium e Terrestris ambitus inventio secundum Eratosthenem, tramandate nel medesimo manoscritto (ff. 49v-50r), prive di data, in cui i calcoli relativi alla misurazione della circonferenza terrestre effettuati da Posidonio (240.000 stadi) vengono esposti sulla base delle notizie offerte da Cleomede (De motu circulari corporum coelestium, I 10) attraverso la mediazione del Valla11, mentre i calcoli di Eratostene -- per il quale la circonferenza celestre misurava 252.000 stadi -- vengono ricavati da Vitruvio (I 6, 9), Macrobio (somn. I 20), Marziano Capella (VI 596) e Plinio il vecchio (nat. II 247)12;

  • 4) la tavola delle longitudini e delle latitudini di 24 località (S. Panct. 115/32, f. 50v), priva di data, connessa con le tavole del primo mobile del Regiomontano, ma di duplice uso, astronomico e geografico13.

L'impianto espositivo della Cosmographia è descritto per la prima volta dal Maurolico nella lettera a Pietro Bembo del 5 maggio 153614:

Dialogos quoque tres: primum de forma, numero et ordine tam elementorum quam coelorum; alterum de circulis sphaerae et planetarum motibus; tertium de anno et reliquis temporum spaciis. Quos dialogos, quoniam mundi formam et ordinem continent, placuit appellare `Cosmographiam', quam ego tibi, si lubet, dedicare decrevi.

È evidente che il Maurolico cercava nel Bembo, allievo del Lascaris, una persona in grado di apprezzare il suo progetto di studi e disponibile a favorire la pubblicazione dei suoi lavori, all'epoca tutti inediti con l'eccezione dei Grammaticorum rudimentorum libelli sex15.

Non a caso il Maurolico precisava:

Est mihi sphaericum instrumentum circulis aeneis conspectum, quod tu olim Venetiis ad Constantinum tuum Lascaris misisti. Sunt in eius zodiaco signa Latine Graeceque conscripta. Illud in Cosmographia nostra commendatur et explicatur16.

La lettera, che contiene anche una descrizione dell'eruzione dell'Etna, omaggio all'autore del De Aetna dialogus (1495-1496), termina infine con la promessa del prossimo invio di una copia della Cosmographia:

Cosmographia nostra propere ad te veniet, sicubi opus fuerit, corrigenda, si modo tantum merebitur habere correctorem.

Alla lettera del Maurolico il Bembo rispose il 27 giugno 153617, accettando di buon animo la dedica dell'opera, lodandone la descrizione dell'eruzione dell'Etna e apprezzando il progetto di studi del Maurolico con il quale afferma di condividere le critiche alla Sfera del Sacrobosco e alle varie Tavole alfonsine.

Da quella data passarono però molti anni prima che la Cosmographia venisse pubblicata. Nell'epistola prefatoria al Bembo, datata 24 gennaio 1540, l'autore giustifica il ritardo con l'occupazione militare della Sicilia da parte degli Spagnoli, che ha costretto persino lui ad imbracciare le armi18; il rinvio, d'altronde, era stato benaugurante -- aggiungeva Maurolico -- perché i dialoghi potevano ora essere dedicati a un novello cardinale. In quel torno di tempo, tuttavia, l'impianto generale dell'opera era notevolmente cambiato, come risulta anche dalla presentazione che ne fa l'autore stesso:

Confeci dialogos tres, in quorum primo, familiari ferme colloquio, disceptatur de forma, situ numeroque tam coelorum quam elementorum, confutatis interim vulgi ac philosophorum quorundam a vero differentium opinionibus. Alterum bifariam secui: in prima sectione de circulis primi mobilis eorumque officiis agitur, tum de zodiaci divisione, de zonis, plagis ventisque; in altera vero de longitudinibus ac latitudinibus tam stellarum quam locorum terrae, de declinationibus, de ascensionibus, de dierum noctiumque magnitudinibus crementis decrementisque, tum de climatum distinctione. In postremo dialogo de motuum speculatione et inventione sic agitur ut, quatenus per commentariolum liceat, aditus detur ad magnam Ptolemaei constructionem.

Come si vede, mentre il primo dialogo risulta sostanzialmente inalterato rispetto al 5 maggio 1536, il secondo, diviso in due sezioni, racchiude in sé argomenti presenti in due dialoghi della stesura precedente. Il terzo dialogo, infine, destinato a trattare del moto dei pianeti ``come è possibile in un piccolo commento (scil. all'almagesto)'', appare aggiunto ex novo, in stretta connessione con l'insegnamento pubblico del Maurolico, databile al tempo dello `stradigò' Marullo, e quindi al 1528 o, forse meglio, al 153419. Una certa distanza compositiva, peraltro, sembra verosimile anche per la diversa impostazione del terzo dialogo, che è piuttosto un monologo del maestro Nicomede, a fronte del ruolo assai più cospicuo rivestito nei due dialoghi precedenti dall'allievo Antimaco, sempre pieno di dubbi e di domande20.

Poiché la redazione italiana della Cosmographia, terminata nel settembre 1536, non presenta differenze sostanziali nell'impianto generale e nell'esposizione rispetto alla versione latina pubblicata nel '4321, è certo che il Maurolico modificò il piano dell'opera tra il giugno e il settembre dello stesso 1536. Non si può escludere, anzi, che il proposito di una versione in volgare sia stato concepito proprio sulla scia della risposta favorevole del Bembo22. Che poi quest'ultimo (che dall'ottobre del 1539 risiedeva a Roma) abbia ricevuto e letto i dialoghi prima della loro pubblicazione, e precisamente intorno alla metà di febbraio 1540, risulta certo dalla lettera da lui inviata il 15 aprile 1540 a Pietro Faraone, famigliare di Francesco Faraone il maestro di latino del Maurolico, che era stato anche l'artefice della conoscenza epistolare tra i due colti:

Hebbi le vostre amorevolissime e dolcissime lettere già presso che due mesi insieme col dotto e singolar libro del nostro messer Francesco Maurolico, che esso m'ha donato per sua pura cortesia, non l'avendo io in parte alcuna meritato, che niente avea fatto per lui. Il qual libro io lessi con molta avidità ed emmi paruto viè maggior cosa e piú bella e vaga composizione che io non aspettava, siccome a lui scrivo. Del qual dono, oltra quello che io a lui ne rendo grazia immortale, ne rendo anche a V. S. molta, che sete stato compositore della nostra amistà e prime e piena di lei cagione. Ne mai verrà tempo che io non estimi esservi tenuto di ciò infinitamente23.

Lo stesso giorno il Bembo scriveva anche a Maurolico, esprimendo apprezzamento per la lingua, lo stile e i contenuti della Cosmographia, mostrando gratitudine per la dedica e avanzando alcuni suggerimenti che, privi di ogni malevolenza, intendevano testimoniare l'attenta lettura dei dialoghi:

Dialogos tuos, quos de coelo et elementorum atque astrorum rationibus scripsisti, ad me misisti. Ut primum coepi legere, amorem erga me tuum deosculatus sum. Valde enim mihi gratum et iocundum fuit tam illustre testimonium tuae erga me benevolentiae nostris hominibus te dedisse. Deinde cum omnes eos perlegissem, cognovi te praestanti singularique doctrina et perillustri scientia experientiaque praeditum, qui tot res cognitu sane arduas, explicatu vero multo difficillimas sermone probo et erudito sis complexus. Nam, ut vere tecum loquar, superasti tu quidem expectationem illam de te meam, quam tuis ad me amantissimis litteris ante biennium hoc datis excitaveras. Itaque tota de re deque libris his tibi, ut debeo, ex animo atque magnopere gratulor. Eiusmodi enim sunt ut, cum tibi nominique tuo magnam apud omnes homines, qui quidem eo cognitionis et doctrinae genere delectantur, laudem sint gloriamque parituri. Tum vero etiam multum adiumenti ad illa cognoscenda iis qui institui et doceri cupiunt allaturi. Nam et ordine usus es egregio in illis contexendis et non parvam rerum optimarum sylvam in disputationes tuas attulisti. Stilus autem tuus, tametsi Latinum illum antiquorum hominum candorem gravitatemque omnibus numeris non expressit, superavit tamen plurimorum eorum qui his de rebus volumina nostris temporibus confecerunt dictionem facultatemque scribendi. Nam iis quae ante hos dialogos primis in libelli paginis collegisti scripsisse iam te ut studiorum et scriptorum tuorum reliquorum mihi rationem explicares, omnes profecto partes atque universi mathematicarum rerum articuli contineri abs teque declarari mihi quidem videntur, ut nihil fere extra ea possit esse, quod sciri opus sit aut sane de quo investigatione ac disputationibus quaeratur. Sed ut ad eos ipsos quos ad me misisti sermones tuos redeam, eae quidem magnopere legentium animos delectabunt rationes, quibus a te planetarum a terra spatia comprobantur. Delectabiles enim validaeque sunt. Illud unum fortasse aliquibus praepostere videri posset positum, quod est in primi libri fine de solis ad planetas reliquos convenientia disuputatum. Continet enim motuum ipsorum cognitionem et scientiam, de quibus in tertii libri fine, qui est ultimus, disseris. In secundo sane libro video te diutius quam necessario erat, nisi a me meus erga te amor fallit, in ventorum et in temporis partibus recensendis sermonem tenuisse. Ipsa vero errantium canonica non nimis abundat positionibus figurarum, quae profecto res difficultatem parit ad eas intelligenda iis, qui docendi sunt. Consideratio quidem illa, quam te legisse arbitror, Abrachis Rhodii, quaeque hominem de solis apside deque illius a centro remotione admonuit, valde bella est, ut mihi quidem videtur: eam si tu in solis theorematibus posuisse, sermonem tuum doctiorem reddere et vero etiam delectabiliorem potuisses. Ubi autem de ortu occasuque signorum loqueris, si latius atque apertius aliquanto ea ipsa, quae in poetis quaeque in agricolis nobilibus de eo leguntur, aspersisses, non parum sane decoris, ut mihi quidem videtur, sermoni illi tuo addidisses. Est enim pars cum apta tum plausibilis neque ab ullo, quod plane sciam, satis apte aut dilucide tractata. Atque haec quidem ipsa in hanc epistolam non tam ut te admoneas conieci, quam ut cognosceres tuos me dialogos diligenter perlegisse, quos me hercule pluris facio quam eam ipsam dignitatem, qua de mecum amantissime loqueris. Neque enim ii mihi minus chari aut iocundi sunt quam haec fortunae saepius quam virtutum insigna. Quibus in rebus tamen si quid erit quo tibi usui et dignitati possim esse, velim ita cogites, non minus tibi eam dignitatem esse partam quam ipsi mihi. Hoc excellens tua doctrina et virtus et meus summus erga te amor postuat. Petro Pharaoni, viro illustri, amicitiae utriusque nostrum auctori, cui hac de causa omnia debeo, plurimam amantissimque meo nomine salutem dices. Vale. Decimoseptimo, Kalen. Maias MDXL Roma.

Le critiche del Bembo possono dunque essere riassunte come segue:

  • 1) la difficoltà di intendere l'ordine delle sfere dei pianeti, discusso alla fine del primo dialogo, dove si stabilisce un rapporto tra il sole e gli altri pianeti che presuppone la conoscenza dei loro moti, presentati invece alle fine del terzo libro24;

  • 2) l'eccessiva prolissità dell'illustrazione dei venti e delle suddivisioni del tempo nel secondo dialogo;

  • 3) la scarsità delle figure dei canoni dei pianeti, utili per i principianti;

  • 4) l'assenza tra i teoremi concernenti il sole di quello di Ipparco di Rodi ``de solis apside deque illius a centro remotione''25;

  • 5) la concisione della sezione dedicata all'orto e all'occaso degli astri, priva peraltro di citazioni dai poeti e dai prosatori latini de re rustica.

A giudicare dall'edizione veneziana del '43, sembrerebbe che il Maurolico abbia voluto o potuto tenere conto di tali obiezioni soltanto in parte. Infatti:

  • 1) nel testo latino a noi noto, come pure nella redazione italiana del '36, resta immutata la collocazione delle sezioni dedicate rispettivamente all'ordine delle sfere dei pianeti e ai loro moti 26 e, anzi, nel testo latino risultano assenti anche gli espliciti rinvii che, nella versione italiana, rimandano dal primo al terzo dialogo27;

  • 2) se è vero che la misteriosa ``consideratio ... Abrachis Rhodii'' voluta dal Bembo non può essere identificata con il metodo di Ipparco per la misurazione degli angoli visuali28, non pare che la sezione dedicata ai teoremi del sole sia stata in alcun modo integrata;

  • 3) sebbene la redazione latina del secondo dialogo della Cosmographia si discosti in più punti dalla versione italiana, non vi ricorrono tuttavia citazioni da poeti (Virgilio, Ovidio, Lucano, messi a frutto invece dal Sacrobosco) e da prosatori latini de re rustica (Varrone, Columella, Palladio);

Vero è, d'altro canto, che i Canoni dei pianeti -- privi di figure nella redazione italiana dei dialoghi attestata dal manoscritto catanese, del resto poverissimo di illustrazioni29 -- nell'edizione veneziana sono accompagnati da ben 28 figure. È inoltre possibile che, nella sezione del secondo dialogo relativa ai venti e alle suddivisioni del tempo, il Maurolico abbia effettivamente cercato di rendere più concisa la sua trattazione, dal momento che si concentra qui il maggior numero di differenze tra il testo latino pubblicato nel '43 e la Cosmografia italiana.

Il Bembo, in ogni caso, grato della dedica dei dialoghi, da lui, nel complesso, sinceramente apprezzati, si interessò direttamente della loro pubblicazione, di cui incaricò l'amico bibliotecario veneziano Ramusio30, dal quale sollecitava notizie in una lettera datata 1 settembre 1541:

Datemi avviso a che termine è l'impresa de quelli novi stampatori da imprimere il libro de astrologia del Messinese che vi mandai, però che grandamente desidero che venga fuori a utilità dei studiosi.

Due mesi dopo, il 29 ottobre 1541, il Bembo tornava poi a scrivere al Ramusio per assicurarsi della veste editoriale dell'opera:

Vi prego a far opera che 'l libro mathematico di M. Francesco Maurolico, intitolato, non si stampi da quel stampatore novo Germanico, condotto da M. Iacomo Doria e M. Ieronimo Sarra. Da poi che avevano quello excellente stampatore, procurassero di haver buona carta per le loro stampa, se volevano che i libri loro fossero comperati volentieri. È che hora intendo che questa nova loro opera ha triste carta: il che leva tutta la eccellenza del resto. È però che io li prego che in questo libro de' Siciliano vogliano correggere quello errore e far ch'el sia de buona carta.

Finalmente la Cosmographia uscì per i tipi di Luca Antonio Giunta. Ad essa, come si è accennato, erano aggiunte in appendice le Tavole astronomiche datate 5 dicembre 1542, che testimoniano come anche il Maurolico abbia seguito da vicino la stampa.


1  Le tavole sono conservate anche nel manoscritto autografo Par. Lat. 7472A: vd. al riguardo il vol. 6 (Astronomia) della presente edizione. Una seconda edizione della Cosmographia fu pubblicata a Parigi da G. Cavellot nel 1558.

2  Sul codice, datato 1719, si veda [Moscheo 1988b, pp. 283-286] e la nota anonima contenuta in [``Archivio storico messinese'', pp. 22-23]).

3  Amico di famiglia dei Maurolico (vd. [Moscheo 1988b, pp. 27 n., 521, 308 e 326]), Giovan Pietro Villadicani, morto nel 1590, è ricordato dal ([Mongitore, p. 360]) come esperto di poesia, di storia, di antichità e di numismatica. Organizzò un museo in casa propria e scrisse di poesia, di storia, di filosofia, di morale. In particolare, fu autore di una raccolta di versi edita a Messina nel 1558 con il titolo Joannis Petri Villadicanis Siculi Messanensis Collectanea quaedam, che contiene anche versi di Maurolico, e della dedica all'edizione messinese delle Rime del Maurolico.

4  L'interesse del Villadicani per la versione italiana Cosmografia risulta tanto più comprensibile se si considera che egli è espressamente citato alla fine del terzo dialogo: ``Ma io sento non so che rumori et suono de tube, et vedo, se l'occhio non m'inganna, Antimaco mio, verso noi accostarse Janpietro Villadicani mio discepulo. Io credo che 'l mamertino magistrato ecc.'' (f.134r). Dal momento che però la frase non trova corrispondenza nel testo latino edito nel '43 (dove si legge semplicemente: ``sed nescio quem tumultum ac tubarum quasi clangorem audire videor. Suspicor Mamertinum magistratum eqs.''), non si può neppure escludere che la menzione sia dovuta ad un'aggiunta del trascrittore dell'autografo mauroliciano. In alternativa, la menzione di personaggi reali della società messinese dell'epoca dovrebbe indurre a pensare che il testo italiano sia stato composto, sulla base di quello latino, a scopo di divulgazione nella città siciliana.

5  In proposito vd. [Sutto 1998, p. 59].

6  È superfluo sottolineare che la differenza nel computo degli anni trascorsi dalla morte dei quattro amici nelle due redazioni dell'opera è soltanto apparente, giacché, mentre in quella latina il Maurolico ricorre all'ordinale (``duodecimo ab hinc anno''), in quella volgare usa il numerale cardinale (``undici''). Risulta invece più importante notare che proprio la perfetta corrispondenza tra i due testi dimostra ancora una volta che la versione italiana, composta circa un anno dopo quella latina, altro non è se non una fedele traduzione della precedente.

7  In questa occasione il Maurolico compose una liturgia propiziatrice.

8  Vd. [Moscheo 1988b, p. 507]. Anche in questa occasione il Maurolico non mancò di comporre versi in onore di Carlo V.

9  Per la datazione di questi due testi si veda quanto osserva [Moscheo 1988b, p. 237]: ``le note riportate non hanno data, ma nella stessa pagina, un breve appunto con altro inchiostro e di sicuro posteriore, relativo alla misura dell'anno, porta in calce una data pressoché illeggibile, per erosione del margine inferiore, tranne che per l'anno, il 1537''.

10  I due metodi vengono riproposti sia nella Cosmographia latina (pp. 132r-133r), sia nella redazione italiana (ff. 107v-108r). La fonte da cui furono attinti è probabilmente il De expetendis et fugiendis rebus di Giorgio Valla (1501), con il quale il testo mauroliciano coincide talora ad verbum. Si noti peraltro che nel Breviarium, sive epitome brevissima in Almagestum Ptolemaei, sive idea ptolemaica per Maurolycum diligentissime ordinata (ms. Par. Lat. 7471, c. 34r) Maurolico riassume così il cap. 14 del libro quinto dell'Almagesto di Tolmomeo: ``Diametros visuales Solis, Lunae et umbrae Hipparchus per moras temporum et clepsydras in exortu ipsorum metiebatur. Ptolemaeus vero per eclipses latitudines, et partes diametri eclipsatas certius observat. Et inde via geometrica ad omnem distantiam'', finendo per far assomigliare molto il metodo di Ipparco a quello di Erone.

11  Secondo Strabone (II 5, 14), invece, il valore della circonferenza terrestre calcolato da Posidonio era di 180.000 stadi.

12  Sulla misurazione della circonferenza celestre si veda [Dreyer 1980, pp. 157-161] , e il commento del Clavio a Sacrobosco (pp. 114-115).

13  Vd. [Moscheo 1988b, pp. 237].

14  Vd. [Spezi 1862, pp. 79-84], e [Moscheo 1988b, pp. 271-275].

15  Sulla formazione di Maurolico e sui suoi rapporti con la scuola del Lascaris e con l'ambiente veneziano, vd. [Moscheo 1988a, pp. 595-632].

16  La descrizione della sfera armillare si trova in quello che il Maurolico considera un `preludio' al primo dialogo. Si noti che anche il Lascaris scrisse una descrizione della sfera armillare, pervenutaci manoscritta: in proposito si veda [T. Martinez Manzano 1994] e in particolare pp. 241-252 (``Laskaris als astronomie-leher in Messina'').

17  Cf. [Bembo 1552, pp. 338-341].

18  Vd. in proposito [Scinà 1808, pp. 134-135].

19  Nell'epistola dedicatoria il Maurolico accenna all'esperienza compiuta ``in carmelitano coenobio, dum sphaerica elementa publice ac Mamertino magistratu praesente legerem''.

20  L'autore stesso riconosceva peraltro la difficoltà concettuale del terzo dialogo, se alla fine della lettera dedicatoria scrive: ``porro siquid in dialogo tertio difficultatis occurret, in compendio magnae constructionis reddetur'', rinviando in tal modo al trattatello cosí descritto nell'Index lucubrationum premesso all'edizione: magnae Ptolemaicae constructionis compendium cum demonstrationibus Tebitii circa ea in quibus Ptolemaeus deficit, item cum qubusdam Albategnii, Georgii Peurbachii et Ioannis Regio monte aliorumque additionibus, ubi quivis totam astrorum theoriam facile adipisci potest. Di esso ci è pervenuta una redazione successiva, risalente al 1567 (vd. vol. 6. Astronomia), di contenuto affine a quello del terzo dialogo della Cosmographia.

21  Il testo italiano dell'opera si differenzia da quello latino -- oltre che per la mancanza dei marginalia finalizzati a suddividere gli argomenti trattati -- anche per l'assenza di numerose figure e di vari passaggi (per lo piú citazioni da autori precedenti), tra i quali l'esposizione di un metodo originale per misurare la circonferenza terrestre.

22  Risulta tuttavia probabile che ulteriori modifiche al testo latino siano state apportate dal Maurolico successivamente al 1536 e addirittura dopo il 1540. Sebbene infatti non si possa escludere che alcune delle ``addizioni'' presenti nell'autografo mauroliciano siano state omesse dal Villadicani, è significativo che il metodo per misurare la circonferenza terrestre non compaia nella redazione volgare e che il Bembo non vi faccia alcun cenno nella sua lettera del 1540.

23  [Spezi 1862, pp. 46-47].

24  Il Bembo si riferisce in particolare all'ultimo argomento affrontato dal Maurolico, la ``dignità'' del sole, che occupa una posizione mediana tra i pianeti inferiori (ad esso collegati nel moto di longitudine, e cioè sul deferente) e i pianeti superiori (collegati al sole nel moto sull'epiciclo).

25  Non è chiaro a quale teorema si riferisca Bembo: nella Cosmographia sono presenti, tra i teoremi del sole, sia il metodo di Ipparco-Tolomeo per misurare il diametro del sole mediante una diottra sia il metodo geometrico di Tolomeo per misurarne la distanza dalla terra, come pure il metodo di Erone e Proclo sulla misurazione del diametro del sole mediante una clessidra (si veda il libro quinto dell'Almagesto di Tolomeo, in cui si tratta, nel capitolo 14, de quantitate diametrorum solis et lunae et umbrae quae in coniunctionibus et oppositionibus perspiciuntur, nel capitolo 15, de solari distantia et iis quae simul cum ea demonstrantur e infine, nel capitolo 16, de magnitudine solis, lunae et terrae), ma, poiché questi procedimenti sono esposti anche nella redazione italiana dell'opera e d'altro canto costituiscono l'oggetto delle note intitolate Inventio solaris diametri per Heronem et Proclum e Inventio solaris diametri per Hipparchum quem sequitur Ptolemaeus (ms. San Pantaleo 115/32, f. 49r), che non possono essere posteriori al 1537 (vd. supra, al § 2 e n. 9), pare improbabile che siano stati aggiunti dopo il 1540 e, dunque, non doveva essere di essi che il Bembo lamentava la mancanza.

26  La critica del Bembo è invece soddisfatta nel De sphaera liber unus, dove la sezione de numero et ordine sphaerarum costituisce l'ultimo capitolo dopo quelli sui moti dei pianeti. In quest'opera, peraltro, il Maurolico cita la Cosmographia a proposito della sua dimostrazione della posizione reciproca tra Venere e Mercurio che, lasciata indecisa da Tolomeo e considerata non investigabile dal Regiomontano, costituisce un contributo originale del Maurolico: ``Venerem autem Mercurio superiorem esse, nos in Cosmographiae nostrae dialogis pulcherrimis coniecturis et argumentis demonstravimus''.

27  Cf. f. 32v: ``Del moto dei pianeti nel suo logho parleremo a pieno. ... Ma tutti questi moti intendo un altro iorno, con più particolarità dichiararte''. Non si può escludere che siano queste due delle ``additioni ... dall'autore ... aggionte'' a cui accennava il Villadicani: vd. supra, al § 1.

28  Vd. supra, alla nota 25.

29  In tutto il primo dialogo sono presenti nel codice solo quattro figure. Non si può escludere, peraltro, che nell'autografo mauroliciano ne fossero presenti altre, omesse poi dal Villadicani o dal copista settecentesco.

30  Si veda la ricostruzione di questa vicenda editoriale in [Sutto 1998, pp. 90-91].


Premessa

I testi presentati in questo volume sono strettamente in relazione con la Cosmographia pubblicata a Venezia nel 1543, ma risalente al 15351, con gli Sphaerica di Teodosio, gli Sphaerica di Menelao e quelli dello stesso Maurolico2, e -- in quanto applicazioni di astronomia teorica -- con il De lineeis horariis e gli Instrumenta astronomica3 e con il Computus temporum4, a gran parte dei quali risultano già affiancati nella lettera a Juan de Vega dell'8 agosto 1556, dove il Maurolico elenca gli autori e i testi da lui preferiti, tra cui diverse opere di fondamenti geometrici e di astronomia speculativa:

Succedunt his sphaerica elementa Theodosii, tribus exposita libellis, sine quibus nemo astronomica primordia satis perpendere queat: ... Post haec, locus dandus est Menelao, ... Hoc ego, ante diu desideratum multo labore, vigilisque revisum restituere conatus compluribus tam iucundis quam necessariis adauxi propositionibus. Ex hoc quidem pendet tota fere sphaeralium triangulorum doctrina et tabularum primi mobilis calculus. ... In astronomia nihil habeo illustrius magna Ptolemaei constructione, quam in ordinatissimam demonstrationum seriem redegere Georgius Peurbachius et Joannes Regimontanus eius discipulus, multa tamen a Gebro ad rem facentia mutuati. Ego autem cum his ea non sperno quae Tebitius in fine primi voluminis addicienda tradidit, facilius multo ac brevius demonstrans ea quae circa sinuum rationem Ptolemaeus a Menelao sumpta protulit. Sed ad intelligendum hoc egregium Ptolemaicum volumen aliorum authorum isagogae non parum conducunt, ut sunt Alfragani, Tebitii et Albategnii introductiones, item Procli atque Campani sphaera, Euclidis phaenomena, Autolyci de sphaera quae movetur et de ortu et occasu syderum opus, Theodosii de habitationibus ac de noctibus et diebus libelli, Georgii Peurbachii theoriae planetarum. Nam Ioannis de Sacrobosco sphaera et Gerardi Cremonensis theoricae veteres quomodo possunt inter idoneos authores numerari, cum a Iohanne Regimontano erroris arguuntur? Notus est iam eius contra Gerardum commentariolus.

La lettera, come si vede, riecheggia anche le critiche sullo stato della didattica dell'astronomia -- all'epoca basata su un testo a dir poco superficiale quale la Sfera del Sacrobosco e su tavole astronomiche piene di errori -- che il Maurolico aveva avanzato nella lettera a Pietro Bembo del 5 maggio 1536 (``Eorum autem quae ad tabularum pertinent calculum nihil illustrius Alfonsinis tabulis; et tamen illarum canones multis magnisque mendis foedantur, quae a nemine, quem sciam, animadversae sunt, et quoties opus illud a celebratis doctoribus recognitum impressioni traditum est, toties canones ipsi suis inquinatae maculis in lucem exierunt''). Del resto, sin dal periodo giovanile egli era convinto della necessità di assicurare a questa disciplina fondamenti geometrici solidi, come si evince da quello che scrive nell'introduzione ai Grammaticorum rudimentorum libelli sex del 1528 a proposito degli autori studiati e dei primi opuscoli da lui composti:

Nam universa elementorum Euclidis volumina et eiusdem optica et catoptrica nec non phaenomena et geometrica data tamque Iordani quam Boethi arithmetica et musica elementa itemque Theodosii sphaerica et, quod omnium maximum est, magnam Ptolemaei constructionem, nullo praeeunte praeceptore, per memetipsum intellexi. ... Sed operaeprecium est, quando in eum sermonem incidimus, opuscula quaedam a nobis in lucem danda enumerare. Emittenda est in primis ... Deinde libellus de sphaera mobili, in qua circulorum et arcuum diffinitiones et circa eosdem omnimoda theoremata Theodosii sphaericis inhaerentia disponentur. Tertio dehinc loco quaedam in Peurbachii theorias oportunae et necessariae additiones. Post haec astronomicorum problematum libelli quatuor -- in quibus omnis astronomiae calculus geometricis innixus fundamentis explicabitur -- quibus annectetur sinuum sive chordarum tabella circuli semidiametrum millies mille particularum supponens. ... Ad haec quosdam locos annotabimus circa linearum symmetriam, circa solidorum structuram, circa maximas planetarum aequationes: ... Determinabimus etiam locum lunaris deferentis, in quo maxima centri contingat aequatio, ubi turpiter erravit is qui planetarum theorias exposuit. Postremo dabitur totius mathematicae disciplinae compendium quoddam ex Euclide, Theodosio, Archimede, Menelao, Iordano, Boeth[i]o, Ptolemaeo caeterisque acutissimis mathematicis excerptum.

Da queste parole sembra anzi evidente che, nel periodo antecedente al 1528, il Maurolico, a cui era noto il programma di studi del Regiomontano5, non soltanto ritenesse indispensabile tornare a studiare Tolomeo piuttosto che Sacrobosco, trattare gli ``astronomica primordia'' in aderenza a Teodosio e occuparsi di calcolo trigonometrico e tabulare ispirandosi a Regiomontano, ma avesse già composto una serie di opuscoli oggi purtroppo perduti: il De Sphaera mobili6, le In Peurbachii theorias oportunae et necessariae additiones7, gli Astronomicorum problematum libelli quatuor con annessa la Sinuum sive chordarum tabella8, delle Adnotationes circa maximas planetarum aequationes, una Determinatio locum lunaris deferentis e il Compendium ex Ptolemaeo9.

Parimenti perdute sono altre opere, introduttive alla lettura dell' Almagesto, che Maurolico menziona nella lettera al Vega e delle quali la maggior parte figura nel solo index lucubrationum del 1540 ( Campani sphaera, Alphragani compendium, Tebit rudimenta, Albategnii et aliorum quorundam traditiones, Theodosii de noctibus et diebus libellus) e una anche nell'elenco di compendi presente nell'index del 6 maggio 1567 tramandato dal Par. Lat. 7471 (Tebit de motu octavae sphaerae e Procli sphaera).

La dispersione di tali scritti giovanili risulta tanto più dolorosa se si considera che in molti casi si trattava di testi non privi di originalità, come sembra confermato, ad esempio, dalle vicende della Sphaera mobilis in octo capita pro circulis primi motus. L'opuscolo, ricordato anche nella lettera al Vega10, era stato in un primo tempo inserito nel corpo dell'edizione degli Sphaerica, ma ne poi venne escluso insieme al De ortu et occasu siderum di Autolico. Successivamente, come ha segnalato il Moscheo11, due tentativi di pubblicarlo furono effettuati dal gesuita Giovan Giacomo Staserio: il primo nel 1606, all'interno della quinta edizione del commento del Clavio alla Sfera di Sacrobosco in luogo del trattato sulle figure isoperimetre (``perché chi volesse potesse talvolta leggere più speditamente la sfera senza cercare altro libro et senza stare attaccato al testo di Sacro Bosco''); il secondo nel 1611, in appendice all'edizione napoletana dei Photismi di Maurolico. In entrambi i casi lo Staserio fu però costretto, anche se a malincuore, a rimandare la pubblicazione ad un'altra occasione, che non si presentò mai12. Il De Sphaera mobili continuava pertanto ancora dopo un secolo ad essere considerato un opera originale, sebbene nel frattempo fosse stato edito il De Sfera liber unus dello stesso Maurolico.

Ciononostante, è probabile che parte delle opere giovanili siano state riutilizzate dall'autore medesimo nella redazione dei trattati successivi, che restano in gran numero, anche se, per la maggior parte, finora inediti, e che possono essere raggruppati in due sezioni: i testi di astronomia teorica o speculativa e quelli di astronomia applicativa o pratica (calcolo tabulare).

I. Astronomia speculativa

a) Il rinnovamento della didattica: gli Sphaerica rudimentae le Adnotationes in Jo. Sacroboscum

Allo stesso periodo dei perduti opuscoli a cui abbiamo accennato risalgono gli Sphaerica rudimenta pubblicati nei Grammaticorum rudimentorum libelli sex (pp. 124r-v), che costituiscono un'importante documento della nuova impostazione data dal Maurolico alla didattica della sfera astronomica. Sebbene l'operetta sembri ricalcare il contenuto del testo di Sacrobosco13, è in realtà più fedele all'Almagesto sia nell'ordine dell'esposizione, che prende avvio dall'enunciazione dei sei principi di Tolomeo, sia nel fornire tutte le definizioni necessarie (quali ad esempio quella di linea del vero luogo e di linea del luogo di un'astro) e tuttavia omesse dal Sacrobosco.

Negli Sphaerica Rudimenta vengono già sanate tutte le mende del Sacrobosco relative alla sfera, come poi avverrà nella Cosmographia per quanto riguarda le teoriche dei pianeti14. Ma il proposito di correggere sistematicamente gli errori del Sacrobosco che, sulla scia delle Disputationes contra Cremonensis deliramenta del Regiomontano, aveva già ispirato la composizione della Determinatio locus lunaris deferentis ed era poi stato ribadito sia nella lettera al Bembo sia in quella al Vega15, trova completa realizzazione nelle cosiddette Adnotationes in Sacroboscum, sebbene il tono ironico che informava gli scritti precedenti faccia posto qui ad un atteggiamento assai meno polemico:

Verum ne longius differam propositum, notabo locos aliquot in quibus author hic Sphaerae communis vel emendandus est vel aliquatenus moderandus, ne lectores obvia queque securi praetereant.

Le Adnotationes, datate 9 maggio 1567, ci sono pervenute nel manoscritto autografo Par. Lat. 7471 (ff. 7r-11r) sotto il titolo di Maurolyci in sphaeram communem adnotationes e sono completate da una nota sui commentatori di Sacrobosco (f. 11v) del 10 maggio 1567 e da uno schema dettagliato delle fulsiones dei pianeti (f. 13r).Che peraltro in origine fossero state concepite come appendice di un compendio sulla sfera, risulta provato dall'Index lucubrationum dello stesso Par. Lat. 7471, risalente al 6 maggio 1567, dove figura uno Sphaerae (scil. compendium) cum adnotationibus in Jo. Sacroboscum16.

b) La ``Piccola astronomia''

Sotto il titolo di ``Piccola astronomia'' si possono raggruppare una serie di testi di argomento affine, alcuni dei quali furono parzialmente pubblicati dall'autore stesso nel volume degli Sphaerica del 1558 (ff. 61r-64v), preceduti da una breve prefazione ad Ottavio Spinola (f. 61r)17. La loro genesi risale però ad un periodo talora precedente anche di parecchi anni, quando il Maurolico, continuando la sua opera di ``restauratio'' di testi classici, iniziò a leggere pubblicamente la Sfera astronomica e l'opera di Euclide, al tempo dello stradigò Giovanni Marullo, nel 1528 o nel 153418. In realtà, gli anni compresi tra il 1528 e il 1534 furono per lui anni fecondi, in cui non solo compose alcune tavole ispirate alle Tabulae directionum di Regiomontano e a noi pervenute nel Par. Lat. 7472A, ma poté dedicarsi anche all'osservazione diretta degli astri. E i risultati non mancarono: dapprima, come risulta dal Sicanicarum rerum compendium (ff. 33v e 203v), egli riuscì a individuare tre comete nel tropico del Cancro (l'una nel giugno 1530, la seconda nel luglio del 1532 e la terza nel successivo mese di agosto) e, molti anni più tardi, nel 1572, fornì un originale contributo sulla stella nova

Nel contesto di questa appassionata osservazione degli astri nacquero dunque, nel 1534, tre testi pervenuti in redazione completa e definitiva nel manoscritto autografo Par. Lat. 7472, e precisamente i rifacimenti del De sphaera quae movetur liber di Autolico (ff. 1r-7v), del De habitationibus di Teodosio (ff. 9r-16r) e dei due libri del De ortu et occasu siderum sive phaenomena ancora di Autolico (ff. 17v-36v)19. Per la redazione dei due trattati autolicani, come ha provato il Mogenet (1950), il Maurolico si servì del secondo e del terzo capitolo del sedicesimo libro de De expetendis et fugiendis rebus di Giorgio Valla, pubblicato a Venezia nel 1501, sebbene G. Auria, nel 1587, affermasse che Maurolico avevesse tradotto sia il De sphaera di Autolico che il De habitationibus di Teodosio ``ex Arabico fonte''. Anche per la redazione di questo trattato di Teodosio è assai probabile che Maurolico utilizzò il quarto capitolo del sedicesimo libro del testo del Valla: numerose infatti sono le concordanze tra i due testi negli enunciati delle proposizioni, mentre le dimostrazioni vengono rielaborate notevolmente dal messinese.

Dal manoscritto autografo Par. Lat. 7467 (ff. 63r-64v) sono invece tramandati gli Euclidis Phaenomena cum brevi et facili expositione nostra, di cui i soli enunciati delle proposizioni furono pubblicati nel volume di Sphaerica del 1558 (ff. 63r-64v). Sebbene la redazione definitiva dell'opera rechi la data del 16 aprile 1554, il Maurolico aveva cominciato a lavorarvi in un periodo antecedente al 1528 e doveva averne ultimata una prima redazione anteriormente al 1540, quando i Phaenomena cominciano a comparire negli indices lucubrationum20.

Solo nel volume degli Sphaerica (f. 64v) sono invece traditi i due opuscoli intitolati Habitationum collatio e De astrorum fulsionibus, che riprendono i temi affrontati nel De habitationibus e nei Phaenomena presentando strette consonante con alcuni passi della Cosmographia.

c) La ``Grande astronomia''

Sotto questo titolo si possono raggruppare due lavori sull'Almagesto pervenuti nel manoscritto autografo Par. Lat. 7471 ed editi solo recentemente dal Moscheo. Il primo (ff. 2v-6v), intitolato In magnae Ptolemaicae constructionis libros argumenta per Maurolycum, è datato 10 maggio 1567. Il secondo (ff. 25v-43v), intitolato Breviarium sive epitome brevissima in Almagestum Ptolemaei sive idea Ptolemaica per Maurolycum diligentissime ordinata ovvero Ptolemaicae traditiones ex singulis magnae constructionis libris e seguito (f. 44r-v) da annotazione relative alle Teoriche del Peurbach, al calcolo tabulare ed ai problemata astronomica, è datato 16 giugno 1567, ma fu certamente elaborato in un lungo periodo di tempo, a partire almeno dal 1528: a questa data, come abbiamo visto, risale infattia un Compendium ex Ptolemaeo, mentre nella lettera al Bembo viene menzionato un Magnae Ptolemaicae constructionis compendium cum demonstrationibus Tebitii circa ea in quibus Ptolemaei demonstratio deficit, item cum quibusdam Albategnii, Georgii Peurbachii et Ioannis de Regio Monte aliorumque additionibus, ubi quivis totam astrorum theoriam facile adipisci potest, che ritorna nell'index del 6 maggio 1567 (Par. Lat. 7471) con il titolo di Magnae constructionis Ptolemaei, quae idea Ptolemaica appellari potest, una cum traditionibus Alfragani, Albategnii, Tebitii, Alfonsi, Jo. de Monteregio, Georgii Peurbachii et aliorum, mentre nell'index degli Arithmeticorum libri II, pubblicati nel 1575, risulta avere il titolo abbreviato di Compendium magnae constructionis Ptolemaicae omnium observationum astronomicarum seriem paucis comprehendens, ex breviario Jo. Regimontii21. Come fonte dell'opera il Maurolico si dovette servire in un primo tempo dell'Epytoma Joannis de Monteregio in Almagestum Ptolomaei (Venezia 1496), in cui sono riassunte le osservazioni di Alfragano, di Albategno, di Tebit e di Alfonso, e successivamente, dopo il 1537, dell'edizione del De motu stellarum pubblicata a Norimberga con le additiones del Regiomontano.

In quello stesso torno di tempo l'interesse per l'astronomia teorica spingeva inoltre il matematico siciliano a trarre copia del primo libro dell'edizione del De Astronomia libri IX di Gebit curata a Norimberga nel 1534 da Pietro Appiano (ms. Cortes 2787, ff. 214r-230v)22.

d) Opere originali di astronomia speculativa

Maurolico compose anche lavori originali finalizzati alla didattica della sfera astronomica, che riguarda il moto del primo mobile ed è propedeutica alle teoriche dei pianeti, inerenti a loro volta al moto secondario. La prima di queste opere è il De sphaera sermo, pubblicato nel volume degli Sphaerica del 1558 (ff. 3v-6v) e presente negli indices lucubrationum a partire da quello inserito nella lettera al Vega del 1556.

Il De sphaera liber unus fu invece pubblicato postumo negli Opuscula mathematica del 1575 (pp. 1-25)23. Questo testo, ordinato e distinto per proposizioni e preceduto nell'edizione del '75 da una serie di Geometrica principia ripresi da Euclide e da Teodosio, si può probabilmente identificare24 con la perduta Sphaera in compendium breviter omnia comprehendens cum motuum secundorum theoria, che compare negli indices a partire dal 1568, anche se con titoli di volta in volta leggermente diversi, e potrebbe essere il testo a cui avrebbero dovuto essere annesse le Adnotationes a Sacrobosco del 156725.

Il De sphaera si presenta come un testo rigoroso, chiaro e conciso26. Oltre ad una trattazione analoga a quella dei Rudimenta Sferica del 1528, vi trovano spazio anche alcuni capitoli (De perioecis, De antoecis, De antipodibus, De amphisciis, perisciis et antisciis, De apparitionibus et occultationibus stellarum) collegabili con i due opuscoli Habitationum collatio e De Astrorum fulsionibus pubblicati negli Sphaerica del 1558, alcuni capitoli sul moto secondario dei pianeti (De motu Solis, De motu Lunae, De motu trium superiorum et Veneris, De Mercurio, De directionibus, regressionibus et stationibus, De latitudine Lunae et planetarum), un capitolo (De motu octavae sphaerae) riconducibile al compendio del De motu octavae sphaerae di Tebit menzionato nell'index del 1540 e nella lista di compendi del Par. Lat. 7471 (risalente al 1567), ma -- soprattutto -- almeno una delle perdute adnotationes di Maurolico alle Theoricae planetarum, risalenti a un periodo antecedente al 1528 e presenti negli indices lucubrationum, seppure con titoli diversi, a partire dal 154027.

L'ultimo lavoro originale di Maurolico, risalente al 6 novembre 1572, è intitolato Super nova stella quae hoc anno iuxta Cassiepes apparere cepit considerationes e contiene le osservazioni sulla ``supernova'' apparsa in quell'anno nella costellazione di Cassiopea. Dell'edizione a stampa, immediatamente allestita ma probabilmente ``in tirature particolarmente basse o sotto forma di foglio volante''28, non ci è pervenuta copia alcuna. Fortunatamente le considerationes sono state tramandate nel manoscritto I. E. 56 (ff. 2r-10r) della Biblioteca Nazionale di Napoli, da cui sono pubblicate una quarantina di anni fa da C. D. Hellman29. L'opuscolo ebbe una certa fortuna, se nel 1611 il Clavio ricordava l'osservazione della supernova da parte del Maurolico nel suo Commentario al Sacrobosco (p. 105) e se lo stesso Galileo ne utilizzava i dati, insieme a quelli ricavati da altri astronomi, nella terza giornata del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632).

II. Astronomia pratica

Nella lettera al Vega il Maurolico si sofferma sugli autori preferiti nel calcolo tabulare:

In astronomicis autem calculis post Ptolemaei et Albategnii numeros nihil est Alfonsinis tabellis illustrius. Ab hoc enim fonte hauserunt Abraamus Zaculus, qui perpetuum eraxavit diarium, et Blanchinus, qui tabulas non contemnendas edidit, nec non Peurbachius, qui eclipsium tabulas composuit, et caeteri. Porro in Alfonsino abaco apparet tota motuum secondariorum theoria in praxim redacta, sicut in tabulis Ioannis Regiomontani explanatur primi mobilis calculus. Sed quemadmodum astronomicae tabulae aut corrigi possint aut, si opus sit, in integrum restitui, docet Ioannes memoratus in astronomicis problematibus30,

fornendoci così un elenco delle opere da lui utilizzate per gli studi di astronomia pratica: le Tabulae directionum31 e la Tabula primi mobilis di Regiomontano32, le Tabulae eclypsium primi mobilis di Puerbach33, le Tavole di Alfonso34, le Tavole di Bianchini35, l'Almanach di Abraham Zacuto36.

Ancora nella lettera al Vega troviamo poi indicazioni dettagliate sugli scritti mauroliciani di astronomia pratica:

ego multa a Menelao praetermissa conspiciens ea supplevi atque in due libellos redacta disposui. ... et in calce operis praxim tabularis calculi, quo Ioannes de Monteregio utitur. In supputandis universaliter stellarum declinationibus et rectis ascentionibus, quoque utitur. ... Problematum astronomicorum libellos quatuor olim quoque scripseram, in quorum primo quaestiones posui ad sphaeralia triangula spectantes, in secundo quae ad arcus circulorum primi mobilis, in tertio quae ad motus secondarios, in ultimo quae ad eclipsium calculum pertinent explicantur. Quorum calculus omnis, geometrico innixus fundamento, per tabellam sinus recti et alias, ut per foecundam et beneficam, procedit. Illinc licet emendare sive, si lubet, in integrum restituere universos tabulares numeros37. Scripsit et Ioannes Regimontanus astronomica problemata ad Almagestum totum spectantia, quae nos nondum vidimus. Sed dictam sinus recti tabellam nobis sic supputare placuit, ut sinus maximus, hoc est circuli semidiameter, in centum milliones particularum dissecaretur, unde liceat calculatori usque ad secundas et tertias graduum minutias procedere, si curiosior cum supputatio delectet. Aliae siquidem tabulae sinuum, quae circumferuntur, numerus centies millium non excedunt. Nos autem, ut eam summam excederemus, non tam necessitas quam delectatio, ne dicam curiositas, induxit. Quandoquidem poterit quivis de invento numero duas tresve omittere figuras, si velocitate magis quam subtilitate calculi gaudeat. ... Et post Ptolemaicas traditiones, post Albategnios, Tebitios ac Toletanos numeros, ad Alfonsinum cum me abacum contulissem, animadverti magnum ex tali opere authoris ingenium, qui dum octavi orbis trepidationem, quas Tebitius fuerat commentus, motu altero longitudinis adornat, censetur omnium optime super eo motu sensisse, quamquam pauci admodum animadvertunt quae ratio seu coniectura moverit Alfonsum. Illud autem mihi minime dubium est, hunc caeteris tabularum authoribus, vel ob id esse praeponendum, quod circulo ac tempore similiter divisis per eosdem numeros diversis satisfiat dimensionibus. Harum ego tabellarum canones dum relego, animadverti erratum fuisse alicui, praesertim in supputanda duorum inferiorum latitudine. Item motuum diurnorum calculum elimavi et in eclipsium supputatione multa notatu digna supertexui. Idem in tabulas Blanchini et eclipsium Georgii Peurbachii nec non in tabulam magnam primi mobilis et in tabulas directionum Ioannis Regimontani diligenter effeci, adiectis quam plurimis oportunis ad omne propositum tabellis38.

A prescindere dagli Astronomica problemata, sui quali ci siamo già soffermati, dei suoi lavori sul calcolo tabulare il Maurolico aveva fornito un elenco anche nella lettera a Pietro Bembo del 1540:

In Alfonsi tabellas problemata: nam canones quae circunferuntur non carent omnino mendis; in tabulas eclipsium Georgii Peurbachii canones; in directionum tabulas Ioannis de Monte Regio problemata, in quibus nonnulla ab autore praetermissa ingeniose discutiuntur; in tabulam magnam primi mobilis eiusdem authoris brevissimi et ad omnia generales canones; in diarium perpetuum canones, in quibus calculi ad eas tabulas pertinentis summa brevibus expo[n]itur.

E nella lista dei compendi dell'index parigino del 1567 ritornano gli stessi titoli, sebbene accorpati e affiancati da un opuscolo sul computo dei tempi, che è probabilmente lo stesso pubblicato negli Opuscula mathematica del 1575:

Calculi et computi in kalendarium et canonum in tabulas Alfonsi, Blanchini, Georgii eclipsium, Jo. de Monte Regio; diarii perpetui et alias.

In effetti, numerosi scritti di Maurolico sul calcolo tabulare, datati tra il 1529 e il 1571, ci sono pervenuti autografi nel Par. Lat. 7472A39. Rimasti per lo più inediti40, di tali testi, che possono essere riuniti sotto il titolo complessivo di Canones in tabulas Alfonsi, Blanchini, Georgii eclipsium, Jo. de Monte Regio et alias, si fornisce qui un elenco dettagliato seguendo l'indice premesso al manoscritto:

1) Calculi nonnullarum eclipsium solarium (ff. 11r-14v), in riferimento alle tavole delle eclissi del Peurbach;

2) Tabula diversitatis aspectus ad latitudinem graduum 38 1/2 (ff. 15r-15v), ispirata alle tavole alfonsine;

3) Tabula motus Lunae horarii (f. 16r);

4) Quantitatum irrationalium species (f. 17r);

5) Latera figurarum aequilaterum et corporum regularium (ff. 17v-20r);

6) Radices motuum pro tabulis Alfonsi (ff. 20v-24v)41;

7) Motus medii, eccentricitates; semidiametri, distantiae, termini, aequationes, diversitates, latitudines, arcus visionum; ordo magnarum coniunctionum (ff. 25r-32v)42.

8) 6 tavole di Radices superationum et motuum per tabulis Blanchini (ff. 33r-35v);

9) Radices motuum ad meridianum Messanae (ff. 41r-42v)43;

10) Tabula sinus recti per singulos gradus supponens sinum totum per 100000 (f. 45r), riprodotta nel manoscritto anche ai ff. 47r-48v, dove è corredata di un testo esplicativo44;

11) Tabula foecunda correcta (ff. 45v-46r), ripresa e corretta dalle Tabulae directionum di Regiomontano e pubblicata negli Sphaerica del 1558 (f. 65v);

12) Semidiametri, eccentricitates, distantiae, magnitudines corporum coelestium et terrae (ff. 49r-53v)45;

13) Tabellae declinationum, ascensionum, differentiae ascensionalis, quantitates dierum, aequationis dierum (ff. 54v-56v: 5 tavole, di cui l'ultima ripresa dal Peurbach);

14) Anguli, altitudines, distantiae pro lineis horariis ad latitudinem graduum 38 1/6 (ff. 57r-62v);

15) Tabula aequationis dierum (f. 63r);

16) Tabula domorum (ff. 63v-69v), ispirata al Regiomontano;

17) Tabula positionum pro latitudine graduum 38 1/6 (ff. 70r-76v), riferita alle tabulae directionum;

18) Tabula semidiametrorum visualium Solis et Lunae (f. 77v);

19) Tabula latitudinis planetarum et Lunae (ff. 78r-79r);

20) Tabula stellarum primae magnitudinis (f. 79v), ripresa dalle tavole di Alfonso;

21) Observationes quaedam (ff. 80r-81r);

22) Cum quo puncto zodiaci oriatur aut occidat stella (ff. 82r-83v);

23) Tabula stationum 5 planetarum (ff. 83v-84r);

24) Tabula diversitatis aspectus Solis et Lunae cum tabulis secundi minutorum proportionalium (ff. 84v-87r);

25) Tabula arcuum et angulorum per eclipsibus ad latitudinem graduum 38 1/ 6 (ff. 88r-89r);

26) Tabula declinationum et ascensionum generalis cum regulis et demonstrationibus (ff. 90r-92v);

27) Tabula differentiarum ascensionalium et latitudinis ortus pro latitudine graduum 38 1/6 (f. 55v);

28) Demonstrationes quaedam tabularum foecundae et beneficae (f. 90r), pubblicate negli Sphaerica ai ff. 60r-61v;

29) Tabellae motuum diurnorum planetarum Solis Lunae in hora cum regulis (ff. 90v-92v);

30) Sphaericorum epitome cum regulis ad tabulas sinuum, foecundam et beneficam pertinentibus demonstrans (ff. 93r-97r).

Nell'indice premesso al manoscritto sono inoltre registrate una Tabula pro computo horario (dopo il nr. 11), una Tabula Benefica e un Fructus Almagesti (l'una e l'altro dopo il nr. 27), che risultano tuttavia assenti. Viceversa non risultano segnalate nell'indice:

a) l'Argumentum trepidationum e l'Aequatio octavae sphaerae presenti al f. 39v;

b) l'annotazione priva di titolo iniziante con le parole ``Nota quod meridianus Messanae est orientalior meridiano Toleti'' (f. 40v);

c) i quattro esempi presenti al f. 54r, relativi alle Tabellae declinationum, ascensionum, differentiae ascensionalis, quantitates dierum, aequationis dierum;

d) l'Elevatio poli super circulum portionis domorum singularum ad latitudine graduum 38, che segue la Tabula aequationis dierum al f. 63r;

e) la tabella per la determinazione dei punti zodiacali del sorgere delle stelle di f. 77r;

f) l'elenco di nomi di stelle in greco e in arabo riportato ai ff. 81v-82r;

g) vari dati riferiti alla latitudine di Messina presenti a f. 87v;

h) la nota premessa alle tavole generali delle tabelle del Regimontano (f. 89v).


1  Vd. il vol. 9. Nella Cosmographia troviamo tra l'altro una trattazione della sfera astronomica e delle teoriche dei pianeti e diversi osservazioni riguardanti il calcolo tabulare.

2  Vd. il vol. 2. L'opera di Teodosio fornisce i fondamenti geometrici dell'astronomia, mentre i tre libri di Menelao e i due del Maurolico rappresentano i fondamenti geometrici del calcolo tabulare.

3  Vd. vol. 10.

4  Vd. il vol. ?.

5  Si veda al riguardo Sutto 1998, pp. 142-144.

6  In quest'opera, sempre presente negli indices lucubrationum a partire dal 1528, anche se indicata di volta in volta con titoli leggermente diversi (al riguardo si vedano Clagett 1974, pp. 000-000, e Moscheo 1988, pp. 000-000), Maurolico aveva trattato probabilmente solo degli otto circoli della sfera, considerando le proprie annotazioni sulle teoriche dei pianeti come un opuscolo a parte. La stessa rigorosa impostazione del De Sphaera mobili si ritrova nella Cosmographia, sia nel preludio del primo dialogo, sia nel secondo dialogo, dove vengono esposte le proprietà dei circoli del primo mobile ``in aderenza'' agli Sphaerica di Teodosio.

7  Queste additiones dovranno identificarsi con l'opuscolo indicato altrove come Georgii Peurbachii theoriae cum scholiis nostris e presente in tutti gli indices lucubrationum mauroliciani con la sola eccezione di quello premesso all'edizione degli Sphaerica del 1558 e degli elenchi di opere contenuti nelle lettere al Bembo e al Vega.

8  Gli Astronomica problemata -- quattro libri che, come risulta evidente sin dal titolo, sono dedicati all'``astronomia pratica'' -- risultano sempre presenti negli indices con la sola eccezione di quello inserito nella lettera a Bembo del 1536. L'opera, dettagliatamente descritta nella lettera al Vega (vd. infra, al § II), è inoltre esplicitamente citata nei Rudimentorum grammaticorum libelli (p. 124v: ``Habitis autem duorum locorum longitudinibus et latitudinibus, comperietur eorum distantia ex trianguli sphaerici syllogismo, quemadmodum in astronomicis problematis latissime docuimus), e nel De instrumentis pubblicato tra gli Opuscula mathematica nel 1575 (p. 57: ``oportebit te uti calculo sinuum sicut in astronomicis questionibus affatim tradidimus ad habendam ipsam stellarum seu locorum distantiam''; cf. anche la Cosmographia latina, p. 107 dell'edizione del 1558: ``Quo pacto arcus locorum verticibus interpositis capiatur''), in relazione alla misurazione della distanza di due stelle o di due luoghi di cui siano note latitudine e longitudine (il secondo dei due sistemi ricordati, quello basato sull'uso del compasso e della trigonometria, anziché sul ricorso ai triangoli sferici, fu ripreso ed ampliato dal Clavio nel suo commentario alla Sfera di Sacrobosco, pp. 177-179 dell'edizione del 1611). È però importante notare che, mentre nella lettera al Bembo del 1540 l'opera viene ancora indicata come ``Astronomica problemata nostra, in quibus totus astronomiae calculus modusque ad tabulas emendandas sive restituendas exponitur'', dopo la pubblicazione degli Sphaerica, avvenuta nel 1558, il numero dei libri di cui si compone il trattato risulta inferiore di un'unità (`` Astronomicarum problematum 3, in quibus regulae et exempla traduntur''). Nella redazione originaria, infatti, il primo libro trattava di questioni spettanti ai triangoli sferici, il secondo degli archi dei circoli del primo mobile facendo riferimento alle Tavole del primo mobile di Regiomontano (cf. la Cosmographia italiana, f. 90v dell'edizione del 1536: ``Cognita la maxima declinatione, per la scienza delli spherici triangoli, si sanno tutte l'altre declinationi, ascensioni, descensioni, differentie ascensionali, archi diurni e nocturni, altitudini, latitudini d'orto, come gli espositori del calculo insegnano''), il terzo dei moti secondari secondo le Tavole di Alfonso (cf. la Cosmographia latina, al f. 138v: ``Ex maxima porro latitudine, per sphaericorum doctrinam, elicitur omnis Lunae latitudo quemadmodum ex maxima zodiaci declinatione declinationes caeterae''), e l'ultimo del calcolo delle eclissi in relazione alle Tavole delle eclissi del Peurbach (cf. ancora la Cosmographia latina, f. 138v: ``Limitum varietas in solari deliquio, unde necesse est, ut tam possibiles quam necessarii limites solaris eclipsis ad veram distantiam redacti tam multipliciter varientur quam varia est regionum latitudo utque in omni obliquo horizonte non ad eandem a nodo utrinque distantiam contingant. Sed haec materia alibi tractabitur abundius''). Poiché il fondamento della trattazione era geometrico e i calcoli venivano eseguiti mediante la tavola del seno o le tavole della tangente e della secante, la caratteristica di quest'opera doveva essere dunque l'uso della trigonometria in luogo delle tavole astronomiche. Perciò il primo libello dovette risultare superfluo dopo la pubblicazione degli Sphaerica di Menelao e di quelli dello stesso Maurolico, dove sono esaurientemente trattate le proprietà dei triangoli sferici. Si aggiunga inoltre che anche la ``Praxis tabularis calculi quo Regiomontanus utitur (declinationes et ascensiones rectae)'', di cui si parla nella lettera al Vega e che è senz'altro in relazione con il contenuto del secondo libello, fu affrontata negli Sphaerica di Maurolico, dove, nello ``scolio'' alla proposizione XXXII, si legge: ``Ex his igitur demonstrationibus absolvi possunt omnes quaestiones, quae fieri consueverunt circa sphaeralia triangula quaeque in astronomia pertinent ad arcus circulorum in primo coelo intellectorum, hoc est in concava superficie primi mobilis descriptorum. Sed nemo harum speculationum scientiam perfectam habens nesciet theoriam ad praxim atque demonstrationem ad calculum deducere. Quae res ut magis pervia fiat lectori, exempla nonnulla sunt adducenda ut circa declinationes et ascensiones'', proponendo subito dopo numerose applicazioni dei teoremi sui triangoli sferici ai circoli del primo mobile, la dimostrazione della tavola delle secanti (datata agosto 1550), una tavola del seno, una tavola delle tangenti, una tavola delle secanti, una tabella delle declinazioni ed ascensioni ed i canoni delle tavole costituiti da 8 problemi di astronomia pratica, corredati di esempi, risolti con l'uso delle tavole del primo mobile di Regiomontano.

9  Sul Compendium vd. infra, al § I. c).

10  ``Nec me continui ab astronomicis sphaeraeque mobilis opusculum a diffinitionibus et elementis exorsus et quaecumque ad primi mobilis circulos spectant per propositiones executus et in theorias annotamenta quaedam''.

11  Moscheo 1988, p. 64 n. e p. 68.

12  ``De gli otto capi della sfera, non penso farci altro. Ma credo non sariano affatto inutili se si stampassero così, come si trovano adesso, perchè -- dichiarasi da chi l'intende -- sariano utili a chi studia et desidera fare progresso''.

13  Il primo capitolo tratta infatti della composizione della sfera astronomica (definizioni, numero delle sfere e forma del mondo), il secondo dei circoli della sfera, il terzo del sorgere e tramontare dei segni, dell'ineguaglianza dei giorni e dei climi, il quarto dei circoli e dei moti dei pianeti e della causa delle eclissi.

14  Per esempio, il ``turpe errore'' del Sacrobosco a proposito del luogo dove avviene la massima equazione del centro della Luna, con cui il Maurolico polemizzava nella perduta Determinatio locus lunaris deferentis, è corretto anche Cosmographia (p. 82v dell'edizione del 1553; p. 130r dell'edizione del '58): (aequatio centri) maxima vero, eodem existente aliquanto infra longitudines medias eccentrici, quod circa Lunae aspectum hexagonum ac trigonum cum Sole contingere solet. Per rendersi conto di quanto il Maurolico avesse innalzato il livello della didattica della sfera, basta confrontare il terzo dialogo della Cosmographia con un qualsiasi testo dei contemporanei commentatori di Sacrobosco.

15  In particolare, mentre nella lettera al Bembo Maurolico si limitava a generici apprezzamenti sugli errori presenti nelle edizioni delle tavole alfonsine, nella lettera al Vega il Maurolico esponeva dettagliatamente alcuni errori del Sacrobosco.

16  Questa impostazione potrebbe aver ispirato a Clavio il suo Commentario alla Sphaera di Sacrobosco e può essere stata tenuta presente dal Barozzi, che nella sua Sfera mette in rilievo 84 errori di Sacrobosco.

17  Gli stessi testi furono riprodotti anche in tre manoscritti esemplati sul volume a stampa: il ms. Cortes 2787 della Biblioteca de la Real Academia de la Historia di Madrid, il Par. Lat. 17859, e il ms. 832 (già 909) della Universitätsbibliothek di Erlangen.

18  Maurolico stesso vi accenna nella dedica della Cosmographia: ``in carmelitano coenobio dum sphaerica elementa publice ac Mamertino magistratu praesente legerem''. M. Scaduto (1949, p. 130) ritiene però che non si trattasse di lezioni scolastiche vere e proprie, ma di conferenze a cui avrebbe assistito la magistratura cittadina.

19  I primi due trattati, rispettivamenti datati 3 ottobre 1534 e 8 ottobre 1534, sono menzionati in tutti gli indices lucubrationum mauroliciani a partire da quello del 1540 e furono pubblicati in parte (limitatamente agli enunciati, ma senza le dimostrazioni) nel volume di Sphaerica del 1558 (rispettivamente ai ff. 61r-62r e 62r-v). Il terzo, datato 20 ottobre 1534, compare invece nel solo index del 1540 e, sebbene risulti inserito nel progetto di edizione degli Sphaerica presentato nella lettera al Vega, è rimasto inedito fino ad oggi. Il breve lasso di tempo in cui sarebbero state scritte queste tre opere, fornite di un notevole impianto logico-dimostrativo, fa pensare che le date apposte dall'autore sul manoscritto parigino si riferiscano alla loro redazione definitiva piuttosto che all'epoca di effettiva composizione.

20  È probabile che per la stesura dell'opera il Maurolico si sia servito dell'edizione di Euclide curata da Bartolomeo Zamberti e stampata a Venezia nel 1510.

21  Al compendio dell'Almagesto è strettamente legato il terzo dialogo della Cosmographia, oggetto anch'esso delle lezioni pubbliche di Maurolico (``Porro siquid in dialogo tertio difficultatis occurret, in compendio magnae constructionis facilius reddetur''). Proprio per facilitare lo studio dell'Almagesto il Maurolico tratta infatti del moto secondario e dei fondamenti delle osservazioni astronomiche. L'autore mette però a frutto anche altri testi: le teorie del moto di trepidazione dell'ottava sfera di Tebit e del moto in longitudine della nona sfera di Alfonso sono illustrate con argomentazioni del Peurbach e del Regiomontano per spiegare la causa delle diverse misurazioni della massima declinazione del sole e della quantità dell'anno; le misurazioni delle distanze delle sfere celesti dalla terra e della grandezza dei pianeti sono quelle effettuate da Albategno, Tebit e Alfragrano; a proposito della tavola dell'equazione dei giorni, della longitudo duplex o centro della luna, delle tavole dell'equazione del centro, del metodo per trovare il luogo del deferente e l'eccentricità nei tre pianeti superiori si fa ricorso a Peurbach e a Regiomontano; è consigliato l'uso delle tavole dell'eclissi di Peurbach, delle tavole di Alfonso e delle tavole di Regiomontano in quanto più esatte delle tavole di Tolomeo (per il quale, ad esempio, non si potrebbero avere eclissi anulari in quanto il diametro visuale della luna non risulta mai inferiore a quello del sole).

22  Si veda al riguardo Moscheo 1988, p. 260.

23  Una seconda edizione uscì in Messico nel 1578: si veda al riguardo Rosen 1957, p. 64.

24  Vd. Clagett 1974, p. 181 n., e Moscheo 988, p. 73 n.

25  Vd. supra, al § I. a).

26  Si veda l'edizione del 1575, Prologo, p. 2: ``Tentabimus igitur et nos horum principia et praecepta subtextere; fortasse aliquid ab aliis omissum supplebimus aut, si opus fuerit, superflua resecabimus: utroque enim modo hallucinantur authores. Et brevior traditio facilius percipitur''.

27  Al riguardo si vedano Clagett 1974, pp. 000-000, e Moscheo 1988, pp. 000-000. Si tratta di una ``passione'' della Luna (p. 19 dell'editio princeps: ``Et Luna potest occultari mane vetus et deinde apparere vesperi nova eodem die (quod innuit author Theoricarum) ac ratione et experimento comprobatum est. Fallitur ergo Plinius et quicunque aliter sentiunt''), in rapporto alla quale viene fatto esplicito riferimento al capitolo De passionibus planetarum diversis delle Theoricae novae planetarum del Puerbach. La questione, peraltro, era già stata affrontata nella Cosmographia latina (p. 158r dell'edizione del 1558: ``Luna vero per aliquid spatii ante verum ortum matutinum videri potest ante Solis exortum; deinde orientem versus ad Solem accedens, quando eo velocior est, facit postremam in oriente fulsionem matutinam et ab oculis nostris evanescit, donec post occasum verum vespertinum Solem reliquens primam fulsionem vespertinam faciat in occidente''), nel capitolo De astrorum fulsionibus pubblicato nel 1558 (``item non recte Plynius ex intervallo tali arguit Lunam caeteris astris minorem ... eodem die Luna videri poterit matutina et vespertina'') e nell'Epitome brevissima in Almagestum del 1567 (f. 43v: ``eodem die Luna vetus et nova videri possit, quod innuit Peurbachius in Theoricis, nec tamen rem bene discutit. De quo nos alibi abundius disseremus. Fallitur autem Plynius, qui citra 14um gradum a Sole remotam videri posse negat'').

28  Moscheo 1988, p. 59.

29  In ``Isis'' 51, 1960, pp. 234-321.

30  Il Regiomontano aveva trattato della maniera corretta di compilare tavole nella Tabula primi mobilis, in cui, insieme al suo programma di studi, presenta 63 problemata astronomica. Il testo fu edito una prima volta a Norimberga 1475 e poi -- insieme a l'unica edizione delle Tabulae eclypsium primi mobilis di Puerbach -- a Vienna nel 1514. È probabilmente quest'ultima l'edizione utilizzata dal Maurolico.

31  Edizioni: Norimberga 1475 (?), Venezia 1483, Augusta 1490, Venezia 1504, Cracovia 1523, Venezia 1524, Firenze 1524.

32  Edizioni: Norimberga 1475, Vienna 1514, Venezia 1515.

33  Edita a Vienna nel 1514.

34  Edizioni: Venezia 1483, Augusta 1488 (insieme con i Canoni di Sacrobosco), Venezia 1490, 1492, 1518, 1521, 1524.

35  Edizioni: Venezia 1494, 1495 e 1526

36  Edito per la prima volta a Leira nel 1496.

37  Sugli Astronomica problemata vd. supra.

38  Come si è detto in precedenza, sugli errori presenti nelle edizioni delle tavole alfonsine, almeno per quanto riguarda i canoni, il Maurolico si era già soffermato nella lettera a Pietro Bembo del 5 maggio 1536.

39  Vd. la descrizione del manoscritto offerta da Moscheo 1988, pp. 203-220.

40  Solo alcuni furono pubblicati nell'appendice all'edizione della Cosmographia del 1542 o nel volume degli Sphaerica del 1558. Alcune tavole pubblicate nella Cosmographia furono inoltre riprodotte anche da Clavio nel 1611 nel suo Commento alla Sfera di Sacrobosco (pp. 100-102 e 117).

41  Si tratta di 21 tavole, di cui la Maxima zodiaci sive Solis declinatio (f. 20v) e l'Aequatio 8ae sphaerae in aera Alfonsi (f. 20v) sono pubblicate nella Cosmographia.

42  Si tratta di 33 tavole di cui sono pubblicate nella Cosmographia le seguenti: Distantiae augium singulorum planetarum ab auge communi secundum Alfonsum (f. 25r), Distantiae augium singulorum planetarum ab auge Solis secundum Alfonsum (f. 25r), Motus medii 9ae et 8ae sphaerae et planetarum in die secundum Alfonsum (ff. 25r-25v), Radices motuum in primo anno annorum Nabuchodonosor, in primo die mensis Thut, qui est ex mensibus Aegyptorum in medietate diei, secundum Ptolemaeum (f. 26v), Motus medii planetarum in die secundum Ptolemaeum (f. 27r), Semidiametri visuales luminarium et umbrae, secundum Albategnium (f. 28r), Semidiameter arcualis parvi circuli in cuius circumferentia movetur caput Arietis 8ae sphaerae secundum Tebit (f. 29r), Declinationes maximae eccentricorum planetarum ab ecliptica secundum Ptolemaeum (f. 29r), Anguli inclinationum epicyclorum planetarum ad eccentricos secundum Ptolemaeum (f. 29r), Anguli reflexionum (f. 29r), Ex magna Ptolemaei constructione (f. 30r), Radix motus trepidationis secundum Tebit ad aeram Arabum (ff. 30v-31v), Arcus visionum quinque planetarum secundum Ptolemaeum (f. 32r).

43  Si tratta di 3 tavole ispirate alle Tavole di Alfonso, di cui due sono parzialmente edite: i dati contenuti nella Radices motuum ad aeram Christi in meridiano Messanae in freto Siculo, cuius longitudo g. 39 1/2, latitudo g. 38 1/6, pro calculo tabularum Alfonsi (motus trepidationis 8ae, motus nonae, aequatio 8ae sphaerae ad aeram Christi ed auges planetarum sine motu 8ae sphaerae intelliguntur) (f. 41r) sono pubblicati senza i canoni nella Cosmographia come Radices motuum ad aeram Christi in meridiano Toleti, ut Alfonsus; la tavola presente nelle Distantiae augium singulorum planetarum ab auge communi secundum Alfonsum (f. 41v) è la ripetizione della tavola di f. 25r pubblicata nella Cosmographia, mentre la nota esplicativa, che prosegue anche nel foglio successivo, resta ancora inedita.

44  La tavola fu pubblicata negli Sphaerica del 1558 al f. 65r.

45  Si tratta di 26 tavole corredate di una nota esplicativa, pubblicate anche nella Cosmographia.

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