A cura di Ken'ichi Takahashi Riccardo Bellè
Introduzione
1 Presentazione dell'opera1.1 Suddivisione in parti e riassunto dei contenutiIl titolo dell'opera, come lo troviamo nel manoscritto autografo Par. Lat. 7249 (siglum A5), è Diaphaneon seu transparentium libellus; precisiamo che nell'Index lucubrationum del 1568, contenuto nel manoscritto autografo Par. Lat. 7466,1 troviamo un titolo leggermente differente: Diaphana in tres libros divisa e un sottotitolo, illustrante il contenuto dei vari libri: In quorum primo de perspicuis corporibus. In 2o de Iride. In 3o autem de organi visualis structura et conspiciliorum formis agitur. Chiariamo subito che la parola, di origine greca, diaphana (cosí come la sua traduzione latina transparentia) è il termine adoperato per indicare i mezzi che permettono il passaggio della luce, e questo ci può far comprendere fin dal titolo di cosa si occuperà l'opera. Il testo è contenuto, assieme agli altri di argomento ottico giunti fino a noi, nell'edizione stampata a Napoli nel 1611 intitolata: Photismi de lumine et umbra ...Diaphanorum partes, seu libri tres: in quorum primo de perspicuis corporibus, in secundo de Iride, in tertio de organi visualis structura, et conspiciliorum formis agitur. Problemata ad perspectivam et iridem pertinentia (siglum S10). Come si può vedere, nella stampa viene ripreso il titolo come compare nel 1568, con una leggera variazione nella parte iniziale: compare un partes con specificato seu libri. Vi è dunque, in un certo senso, un'incertezza riguardo alla divisione dell'opera: un unico libellus diviso in partes o un testo costituito da tre libri differenti? La testata del manoscritto autografo riporta nelle prime pagine Diaphanorum pars prima, nelle successive --- ovviamente --- secunda, e infine pars tertia, testimoniando che Maurolico aveva in mente, almeno al momento di stesura del testo,2 una divisione in parti e non in libri. La stampa di Napoli ebbe una serie di vicissitudini editoriali, essenzialmente ricostruibili attraverso la corrispondenza Staserio-Clavio, i due personaggi centrali della vicenda, delle quali abbiamo ampiamente discusso nell'introduzione al volume. Ricordiamo qui semplicemente che in questa edizione comparivano, organicamente inserite nel testo genuinamente mauroliciano, ma stampate con un diverso carattere (corsivo), delle aggiunte scritte da Clavio per rendere piú chiara l'esposizione e spiegare meglio alcuni passaggi.3 I Diaphana sono l'opera nella quale Maurolico si occupa del fenomeno della rifrazione; egli stesso, come abbiamo visto, l'aveva divisa in tre parti: la ``Pars prima'' tratta della visione per raggi fratti, della legge di rifrazione e del comportamento della luce attraverso sfere trasparenti, la ``Pars secunda'' dell'arcobaleno, la ``Pars tertia'', infine, della struttura dell'occhio, delle lenti e del meccanismo della visione. Questa opera ebbe una prima redazione, datata gennaio 1523, e una successiva circa trent'anni dopo (1553--4). In questa seconda fase, subí una profonda revisione relativamente ad alcuni teoremi (per lo piú nella seconda parte) e l'aggiunta di importanti argomenti (tutta la terza parte, ad esempio, risale a questo periodo). La decisione di dare all'opera la struttura con la quale ci è giunta si ebbe anch'essa negli anni 1553--4. Il suo impianto ricalca da vicino quello di un'altra opera mauroliciana di ottica, i Photismi: inizia cioè col definire il fenomeno del quale tratterà e coll'assunzione di alcuni postulati a partire dai quali dimostrerà i teoremi. La definizione è ripresa da Euclide4 (lo stesso Maurolico scrive ``ut ait Euclides'') e si limita a enunciare un noto effetto della rifrazione. Bisogna notare che Maurolico chiama angolo di inclinazione l'angolo fra la perpendicolare alla superficie e il raggio entrante; chiama, invece, angolo di frazione l'angolo di ``deviazione'', cioè l'angolo di cui il raggio fratto si discosta dalla direzione rettilinea.5 Le successive supposizioni sono: un raggio entrante in un diafano6 perpendicolarmente non viene fratto, un raggio obliquo viene invece fratto verso la perpendicolare; raggi ugualmente inclinati vengono ugualmente fratti e raggi piú inclinati vengono fratti di piú; moltiplicando l'angolo di inclinazione anche l'angolo di frazione viene moltiplicato ugualmente; il quarto e ultimo postulato tratta della localizzazione dell'immagine. Seguono 24 teoremi che possiamo per comodità suddividere in tre gruppi:
La seconda parte, come indicato dal suo titolo De Iride, tratta dell'arcobaleno e può essere a sua volta divisa in tre parti:
Al termine troviamo un ``Epilogus'' nel quale viene fornito un rapido sommario dei risultati stabiliti. Abbiamo infine la terza parte la quale non è suddivisa in teoremi ma presenta carattere discorsivo e si occupa sostanzialmente di cinque argomenti tra loro strettamente correlati:
1.2 Rapporti intratestualiI Diaphana, essendo datati 1523, risalgono agli esordi della carriera matematica di Maurolico e sono di solo due anni successivi ai Photismi che probabilmente fu la prima opera in assoluto da lui composta. In effetti, sono ricordati in tutti quei testi che Maurolico scrisse, nel corso di tutta la vita, con lo scopo di descrivere le sue opere e di illustrarne brevemente il contenuto. Per maggior dettagli si veda l'introduzione generale al volume, per gli scopi attuali ci basti dire che:
Per quanto riguarda l'utilizzo di questa opera in altre successive, abbiamo rintracciato una citazione (seppur non esplicita) nella Cosmographia.13 Si tratta di un passo sulla grandezza apparente del sole e degli altri corpi celesti (Quaestio circa magnitudinum apparentiam) che si trova nel primo libro dove Maurolico scrive:14
Troviamo un riferimento ai Diaphana anche in un'altra opera di argomento ottico che Maurolico scrisse in tempi successivi: i Problemata ad perspectivam et iridem pertinentia.15 Questa opera ha una struttura a ``questioni'' (ricalca le analoghe opere di ispirazione aristotelica che conobbero notevole fortuna come genere letterario anche nel corso del Medioevo) cioè brevi domande (il piú delle volte introdotte da cur) e brevi risposte (introdotte da an oppure fortasse); riportiamo il passo posto al termine delle questioni relative all'arcobaleno:
A testimonianza dello stretto legame tra i Problemata e i Diaphana, aggiungiamo che, cosí come i Diaphana sono citati nei Problemata, anche i Problemata sono citati nei Diaphana. Troviamo, infatti, nel testo dei Diaphana un ``Vide etiam prob. 13 de iride''. Questo riferimento si trova solo nell'edizione a stampa e non nel manoscritto autografo, non sappiamo dunque se sia da attribuire a Maurolico o se sia piuttosto sopravvenuto mel corso della preparazione dell'edizione del 1611.17 Nei Diaphana sono presenti, ovviamente, citazioni delle proposizioni degli Elementi di Euclide (esattamente sette, una delle quali generica: per diffinitionem proportionalium quantitatum); vi è anche una citazione di un'altra opera di Euclide: il già ricordato ut ait Euclides che si riferisce --- anche se non affermato esplicitamente da Maurolico --- all'ultimo postulato della Catoptrica. Oltre ad Euclide troviamo vari altri autori citati: Tolomeo, Aristotele, Apollonio, Andrea Vesalio, Ruggero Bacone, John Pecham e infine Andrea Stiborius. Esaminiamo queste citazioni una per una. Di Tolomeo viene citato (due volte) un lemma contenuto nel dodicesimo libro dell'Almagesto.18 Questo autore viene anche ricordato in chiusura della terza parte, in occasione della discussione sulla lente ustoria,19 quando Maurolico si trova a parlare anche dello specchio ustorio e ricorda:
È in questo passaggio che viene citato anche Apollonio. Aristotele viene citato in due casi in collegamento con l'arcobaleno: nel primo viene descritta la formazione dell'arcobaleno quando qualcuno soffia dell'acqua in controluce,21 nel secondo viene riportata la testimonianza di Aristotele sulla rarità degli arcobaleni lunari.22 Andrea Vesalio viene citato all'inizio della terza parte dove Maurolico parla della struttura dell'occhio:
In questo stesso passaggio, subito dopo questa citazione, troviamo una frase che pare riferirsi a due opere di Maurolico oggi perdute:
Maurolico doveva quindi aver composto anche due expositiones delle opere di Pecham e Bacone.25 Questi due studiosi medievali di ottica sono citati in altri luoghi: Bacone è citato in altre tre occasioni, Pecham in altre due; queste citazioni si trovano sempre nella terza parte e riguardano il meccanismo della visione. L'ultima citazione è quella di Andrea Stiborius,26 che troviamo alla fine del secondo libro dove, dopo aver affermato che tra i molti autori che si sono occupati della questione dell'arcobaleno nessuno ha trattato la cosa con sufficiente chiarezza, aggiunge:
2 Tradizione e novità2.1 Quanto a strutturaIl modello di base, dei Diaphana cosí come era accaduto per i Photismi, è Euclide e le sue opere di ottica: Optica e Catoptrica. Anch'esse sono infatti strutturate con una serie di definizioni e postulati28 a partire dai quali vengono dimostrati tutti i teoremi seguenti. Dobbiamo precisare che la struttura dei Diaphana mutò nel tempo. Come abbiamo visto, l'opera ebbe una prima redazione nel 1523, quindi subí delle modifiche (relativamente soprattutto alla seconda parte) e delle aggiunte (sempre nella seconda parte) circa trent'anni dopo. La terza parte risale interamente a questo secondo periodo di studi ottici. È molto probabile che anche la suddivisione in tre parti sia stata decisa da Maurolico in questi anni. 2.2 FontiLe fonti dei Diaphana sono quelle cui abbiamo accenato nella parte relativa alle citazioni: Pecham e Aristotele per la teoria dell'arcobaleno, Vesalio per la struttura dell'occhio, ancora Pecham assieme a Bacone per quanto concerne il meccanismo della visione. 3 Contestualizzazione dell'operaL'analisi del ruolo degli studi ottici all'interno della carriera matematica di Maurolico è stata analizzata nel dettaglio nell'introduzione generale al volume. 4 FortunaLa sorte e la diffusione dei Diaphana sono strettamente legate a quella dei Photismi in virtú del fatto che si trovano nella stessa opera a stampa (Napoli, 1611 e successivamente con titolo leggermente differente Lione, 1613), rimandiamo pertanto all'introduzione ai Photismi per questo argomento. 5 RingraziamentiRingraziamo il direttore della Biblioteca di Lucca per averci permesso di fotografare il manoscritto, e il sig. Pesi, sempre della Biblioteca di Lucca per averci concesso l'autorizzazione ad esaminarlo personalmente. La professoressa Derenzini per la descrizione del manoscritto di Lucca. L'antiquario Martayan Lan di New York che ci ha inviato delle fotocopie di una copia di S10 in suo possesso. Il professor Thomas Settle che ha controllato per noi una copia di S11 alla New York Public Library. 6 Testimonimss: Parigi, Bibl. Nat. de France, Par. Lat, 7249. (siglum A5) Lucca, Biblioteca Governativa, 2080. (siglum C7) Hamburg, Stadtsbibliothek, Cod. Math. 483 (Quarto). (siglum C6) st: Photismi de lumine et umbra. (siglum S10) Theoremata de lumine et umbra, apud Bartholomaeum Vincentium, (L. Hurillion), Lugduni, 1613. (siglum S11) La copia di S10 da noi utilizzata è quella conservata alla Biblioteca Universitaria di Pisa (segnatura E d 6 53). 7 Criteri di edizioneForniamo il testo del manoscritto autografo A5; abbiamo collocato in apparato le varianti contenute in S10 e C7.29 Abbiamo uniformato la punteggiatura all'uso moderno laddove necessario. 1 L'Index si trova pubblicato in [Clagett 1974]. 2 Come vedremo piú avanti, il testo subí vari rimaneggiamenti e si può considerare scritto in due fasi: la prima risalente al 1523, la seconda al biennio 1553--4. 3 ``Tum P. Clavii iudicio notisque quas alia literarum forma inter auctoris demonstrationes inseruimus ad maiorem distinctionem et commodum tuum.'' Cfr. S10, c. 5*. 4 Si tratta dell'ultimo postulato della Catoptrica. 5 Adottiamo il termine ``fratto'' quale traduzione del latino ``fractus'', cioè spezzato, anche se il termine moderno per questo fenomeno è rifratto. Questo per rimanere anche formalmente il piú possibile fedeli al testo e non ingenerare nel lettore moderno facili analogie che potrebbero --- se portate troppo avanti --- travisare il senso autentico dei termini mauroliciani. 6 Maurolico adopera quasi sempre il termine diaphanum per indicare il mezzo piú denso, talvolta compaiono anche gli aggettivi perspicuus e pellucidus. Noi seguiremo questa terminologia mauroliciana, indicando con ``diafano'' il piú denso tra i due mezzi che intervengono nella rifrazione. 7 Discussione che sarà ripresa nella terza parte dei Diaphana, quando Maurolico tratterà il meccanismo della visione. 8 La parola adoperata da Maurolico è refracti ma il fenomeno che ha in mente è invece la riflessione come testimonia il suo ragionamento successivo. Inoltre, come detto, il termine adoperato per i raggi rifratti nella prima parte è fracti. 9 Principalmente in quanto Maurolico specifica che i colori dell'arcobaleno variano gradualmente uno nell'altro, ragion per cui oltre ai quattro principali ve ne sono altri tre intermedi. 10 In un passaggio viene usato anche il termine flavus. 11 Cfr. [Lindberg-1983], p. 141. 12 Cfr. Par. Lat. 7473, cc. 9r--9v. 13 Come noto (cfr. Vol. 9) la Cosmographia ci è giunta in due versioni: una latina (quella originale di Maurolico) edita a Venezia nel 1543 (S2) e a Parigi nel 1558 (S2bis) e una italiana conservata in un manoscritto (C2). Vi sono quindi alcune differenze fra le due versioni. 14 Riportiamo solo il testo in latino, il testo italiano essendo semplicemente la sua traduzione. Cfr. S2, c. 5v; C2, c. 8r. 15 Cfr. l'introduzione a questo testo piú avanti nel volume. 17 S10, p. 58. Questo riferimento, anche se leggermente differente, si trova anche nel manoscritto di Lucca, un altro dei testimoni contenenti testi ottici, dove viene omesso il numero del problema, cfr. C7 c. 45v. 18 Cfr. A5, c. 5v, Sicut Ptolemaeus in quodam lemmate 12i voluminis suae magnae Constructionis demonstrat, nel primo caso, e Ptolemaei lemmate adducto poco dopo. 19 Ma non viene invece citato nell'ultimo teorema della prima parte, dove viene trattato lo stesso argomento. 20 Cfr. S10, p. 80. Citiamo l'edizione a stampa perché il manoscritto termina mutilo e manca di questa parte. 21 Cfr. S10, p. 52, ``Nam si quis ore aqua pleno, (ut ait Arist. lib. 3 Meteor. de iride) a sole aversus irroret in obscurum aërem vergens videbit iridem.'' Leggermente diverso il testo e in particolare la citazione (troviamo solo ``ut ait Aristotelis'') nel manoscritto autografo, A5, c. 9v. 22 Cfr. A5, c. 14v, ``ut dixerit Aristoteles, intra 50 annos illud bis contigisse''. 23 Cfr. A5, c. 17r. 24 Loc. cit. 25 Non è questo il luogo per discutere della consistenza del corpus ottico di Maurolico, si veda [Belle2000], in particolare il cap. 3. 26 Astronomo (1470--1515), attivo a Vienna nei primi anni del XVI secolo. 27 Cfr. A5, c. 14v. Il riferimento è molto probabilmente all'opera Tabulae eclypsium Magistri Georgii Peurbachii; Tabula Primi mobilis Joannis de Monteregio, Vienna, 1514, che contiene proprio degli Indices praeterea monumentorum quae clarissimi viri Studii Viennensis alumni in Astronomia et aliis Mathematicis disciplinis scripta reliquerunt, di Andrea Stiborius. 28 In realtà nell'Optica di Euclide non compare questa distinzione ma un unico elenco di supposizioni. 29 Cfr. Lo stemma è stato stabilito nell'introduzione generale al volume.
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