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Cosmographia Libro primo Parte 3
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[Anti.] Questa sola conclusione, che le cose gravi al centro cadono, ci può insegnare la ragione degli antipodi. Ma s'io alquanto ne dubitasse, che maraviglia fora? Conciosiaché Lanctantio se ne rida, et Augustino non li creda.

[Nico.] Per refermare la verità di questo, io tornerò a descrivere il sito di questa elementare structura, chiarendo insieme alcun'altra cosa, di poi risponderò a chiunque obstasse, o mi117 contradicesse.

[Anti.] Dì ad tua posta, ch'io t'ascolto.

[Nico.] Questi quattro elementi, com'io sopra dissi, sono cossì [C:20r] disposti, che di quelle il più leve al cielo, il più grave al centro più s'accosta, come sopra fu mostrato, et tu per esperientia vedi.

[Anti.] Dammi essempio di tal esperienza.

[Nico.] Il fuoco posto nell'aere fiamoregia suoso. Il che è certo segno ch'el naturali luogo del fuogo è piu alto che l'aere, ma l'acqua posta nell'aere cade giù. Onde il natural luogo del'acqua più baxo è di quel de l'aere. Questo medesimo c'insegna, quell'altra esperienza, che l'aere inchiuso nell'acqua, rimpollando emerge finché con l'aere si gionga; similmente che più alto sia il natural luoco del'acqua che quel dela terra quinci pare che le pietre o la terra nell'acqua buttate vanno in fundo. Dale qual cose si comprende, che ogni corpo nel corpo dela sua natura locato si sta, come l'acqua nell'acqua, l'aere nell'aere. Ma posto nel corpo più lieve cade giù, come l'acqua nell'aere, o la terra nell'acqua. Posto nel corpo più grave monta su, come il foco nell'aere, o l'aere nell'acqua.

[Anti.] Queste sono esperiense chiarissime. Ma come s'intende un corpo esser d'un peso con un altro, o più leve che un altro?

[Nico.] Io chiamo la petra più grave che il legno, perché pigliando due corpi equali, l'uno di petra, e l'altro di legno; quello di pietra pesa più. Et quinci siegue, che facendo due corpi, l'uno di petra, et l'altro di legno, che siano d'egual peso, quel di legno sarà più grande.

Cossì Archimede, come Vitruvio scrive, havendo carrico di vedere se fraude fusse stata fatta in una corona aurea da Herone, re di Siracusa, agli Dei immortali dedicata, fece due masse, una d'oro, e l'altra d'argento [C:20v] d'egual peso, onde perché l'oro è più gravoso corpo che l'argento, bisognava che la massa d'argento fusse più grande che la massa d'oro. Fatto questo, in un vaso pieno fin al summo d'acque, immerse l'argentea massa et livatala misurò l'acqua spasa, un'altra volta riempendo il vase. Poi similmente immerse nel vase pieno l'aurea massa et vide che spase manco acqua perché minor corpo era che l'argento. Naturalmente nel vase ancor pieno immerse la corona, la quale mandò fora più acqua che la massa d'oro, et men che la massa d'argento, et così cognobbe che nella corona vi era misto argento, et fatta fraude dal fabro. Onde da la proportione del'accque spase, comprese l'admistione fatta nella corona. Ma tornando al proposito, la pietra nell'acqua però va in fondo et il legno sta in sommo. Perché pigliando tre corpi equali, uno di petra, l'altro d'acqua, et l'altro di legno; quel di petra è più grave che quel d'acqua, et quel di legno è più leve. Et cossì bisogna comparare gl'elementari corpi.

[Anti.] Chiari essempi. Eccome gli diece celi, l'uno tra l'altro giù di giro in giro luocati, stringendo stendeno, finché il concavo del ciel lunare brazi la convexa faccia dela ignea spera; cossì ancor gl'elementi l'uno tra l'altro luocati sono, di modo che la concava faccia del foco così contengna la convessa de l'aere, che una medesima con quella sia, né altrimente la concava del'aere la convessa de l'acqua; così ancora, per ordine naturale, dovea l'accqua d'ogni torno la terrea [C:21r] spera circondare. Ma perché la terra per la sua sazosità non potte conseguire sì regular forma et spera, che gibbi et profundità non havesse; però fu necessario che l'acqua di quella le più profonde parti inpiendo, le più eminente scoverte lassasse. Et più credo che'l total corpo de la terra una rigida rocca sia, perché si arena fosse o terra smossa, già tutta cossì del mare s'abevereria, che con quello confusa fora. A questo agiongo che, se le minerali et roccal parti che le più gravose sono, nella superficie de la terra in molti luoghi si trovano, molto maggiormente nel centro et circa il centro trovar si denno.

[Anti.] Et così vuol ragione, che la terra cossì distinta sia, che le più gravose parti al centro più s'accostino. Ma io vorria che tu qui meglio chiarisse come l'elementi sono quattro, perché ancor che noi habbiamo di li tri, cioè terra, acqua, aere, sensibile cognitione, niente di meno, non siam zerti del foco elementare, che sia et dove sia.

[Nico.] Se noi fossimo nel fondo del mare et non havessimo cognitione di questo aere elementare, ma vedessimo pure alcune rampolle118 d'aere, come sogliono andar su, già comprendiriamo per natural ragione quelle rampolle andare ad alcun loco ad loro proprio, dove con tutto l'aere ragunate, naturalmente stiano. Et ancora se noi fossimo in qualche mediterranea habitatione, dove del mare notitia veruna havessimo, vegendo i fiumi et gli torrenti correre al basso, già quindi conjettura certa farriamo quelli andare ad alcun loco, dove con tutta l'accqua conionti naturalmente quiescano.

[Anti.] [C:21v] Cossì per quello essempio nel fondo del mare hariamo coniectura del'aere. Et per questo nella terra hariamo coniectura del mare.

[Nico.] Or similmente essendo, come siamo, in questa bassa parte de l'aere, né potendo, per la gravezza dela natura terrestre somma, volar in alto per haver sensibile notitia de l'ethereo elemento, vegendo pur qui alcune fiamme, o per collisione, o per concurso degli refratti o reflexi119 raggi del Sole generate, sopra qualche arida o pingue materia120 nutrite andar suso; questo per certo segno devriamo havere: che tal fiamme non sono qual suo natural luogo, ma appetiscono andare a luoco più alto de l'aere, dove con tutto il foco naturalmente locate puossino.

[Anti.] Così in questo modo habiamo coniectura del foco elementare. Ma come mostrano i phisici che gli elementi non siano più né meno che quattro?

[Nico.] Come nel Libro dela generatione scrive Aristotile, le prime qualitate sono quattro, cioè calidità, frigidità, siccità et humidità; delle quali le due prime sono active, et l'altre due passive. Perché la calidità desicca, et la frigidità humecta. Or di queste quattro qualità se ne fanno quattro combinationi. La prima è dela calidità et siccità, la seconda dela calidità et humidità, la terza dela frigidità et humidità, la quarta dela frigidità et siccità. Né ponno essere più, perché l'altre due combinationi sono impossibili, che non ponno due qualità contrarie essere insieme; et però niente può essere insieme caldo et freddo, o vero secco et humido.

[Anti.] Restano dunque quattro combinationi.

[Nico.] Et [C:22r] però quattro sono gl'elementi. La prima combinatione fa il foco, la seconda l'aere, la terza l'acqua, la quarta la terra. Ancora il numero degli elementi se può cossì distinguere. Essendo l'elemento corpo semplice, che in parti de diverse forme non si può devidere, come dice Avicenna, ma nel quale, come dicea Aristotile, li corpi misti si risolvino. Ogni tal corpo semplice o è grave, o lieve. Se grave, o è grave semplicemente, et questo è la terra, la quale tenne l'infimo121 luogo, o è grave per respetto, et questo è l'acqua, la quale è grave per respetto del foco et aere, non de la terra, et però fu più bassa di quelli et di questa più alta. Se'l corpo è lieve semplicemente et questo è il foco, il quale occupò il supremo loco, o è lieve per rispetto, et questo fu l'aere, il quale è lieve per rispetto de la terra et acqua, non del foco, et però fu più alta di quelli, et di questo più bassa. Questa medesima distintione si può cavare dal moto, perché, come Aristotile nel Libro del Cielo scrive, ad ogni corpo semplice apartiene un semplice moto; et però tanti sono i corpi simplici, quanti gli moti simplici. Ogni moto simplice o si fa circa il mezo, et questo appartiene al celo che fa, come fu mostrato, moto circulare; o si fa dal mezo, et questo si chiama ascenso; o si fa verso il mezo, e questo si chiama descenso. Onde lasciando il moto circa il mezo, che appartiene al cielo, restano due specie di moto, cioè l'ascenso et il descenso. Et però las[C:22v]ciando il cielo122 ogni corpo simplice ascende, o123 descende. Se ascende, o simplicemente et questo è il foco, il quale sempre tende al supremo loco; o ascende per rispetto et questo è l'aria la quale ascende per respetto de la terra, et de l'acqua, non del fuoco. Se il corpo descende, o descende simplicimente, et questa è la terra la quale sempre appetisce il mezo, o descende per rispetto, et questo è l'acqua, la quale descende per rispetto del fuoco et l'aria, non de la terra.

[Anti.] Tu hai ben distinto et mostrato il numero degli elementi secondo la qualità, et moti degli simplici corpi. Ma che dirai tu che'l fuoco et la parte superiore de l'aria participa del circolare moto? Secondo vedemo per le comete et altre impressioni, le quale par che girano col moto diurno.

[Nico.] Questo tal moto, prendo Aristotele nella Meteora, diviene dal'impeto del cielo che abbraccia, et seco mena l'ignea spera. Onde tal moto non è proprio del foco, ma violento, et noi havemo argumentato degli124 moti naturali, ma queste cose pienamente se discorrono nella natural parte de la philosophia. E li platonici assomigliano quattro solidi regulari a questi quattro elementi, et il quinto al cielo. Cioè la pyramide al fuoco per la similitudine che ha con quello, l'octahedro a l'aria perché come l'aria è prossima al foco cossì l'octahedro è propinquo ala pyramide in forma et in levità, l'icosahedro a l'acqua perché è mobile, et revolubile come l'acqua, il cubo ala terra, perché [C:23r] è stabile, et siede più fermo di tutte come la terra. Il dodecaedro al cielo perché, come il cielo è più ampio di tutti gli elementi, et abbraccia ogni cosa, così il dodecaedro è il più grande de 5 solidi chiusi intra una spera, et può circoscrivere ogn'uno de l'altri, come Hypsicle demostra nelli Anaphorici. Ma tornando al proposito, perché le gravi cosi al centro vanno, però tutti i perpendicoli125, che a piombo calano, si vanno stringendo ver lo centro.

[Anti.] Perché dunque le mura degli edificij, che a piombo calano, paiono scendere ad equidistantia?126

[Nico.] Non si può in sì poco spatio la differentia127 comprendere. Ma fammi tu un pozo128 quanto voi largo ad perpendicolo fin al centro, et vedrai come le mura stringendo sempre ver lo centro in esso al'ultimo puntualmente concurrono. Famme ancor una torre, che tanto alta sia quanto il semidiametro dela terra, et vedrai come nella girlanda a doppio sarrà più larga, che nei pedamenti.

[Anti.] Tu voi dunque che quanti edificij sono, et quanti far si potriano, a piombo quanto si può far calati, vengono stringendosi a trovar un medesimo puntual pedamento, che è l'universal centro. Et che quanto più dal centro s'inalzano, tanto proportionalmente allargando vannosi. [Nico.] Tu l'hai a puncto. Ma sì come non si può in piccolo spatio la rotundità dela terra comprendere, cossì anchor non ci potemo come gli perpendicoli129 stringendo vanno accorgere, et per lo piccolo spatio quasi equidistanti paiono.

[Anti.] Per simil raggione [C:23v] se le cose gravi havessero espedita la via ver lo centro, ivi, d'ogn'un torno lassate andare, concurreriano.

[Nico.] Cossì bisogna. Ma io pongo che la terra da questo nostro hemisperio fin al'altro perforata fosse per lo centro; et quinci giù per lo forame130 un grave sasso mandassimo; in sin dove credi tu che tal sasso caderia?

[Anti.] Io credo che non passeria il centro.

[Nico.] Cossì dirria ogn'uno. Ma sappi che quel sasso, con l'impeto de la sua gravezza, passeria il centro per un bon spatio, sagliendo ver l'altro hemisperio, et di poi tornando ancor passeria il centro per alquanto manco spatio sagliendo ver noi, et cossì andando et tornando, a poco a poco l'impeto perdendo131, et breviando il spatio, s'ageteria al ultimo nel centro. Non altrimente che un piombo pendente dala sua perpendicolarità tirato, et lassato andare non torna in prima a perpendicolo, ma ver l'altra parte trapassa e torna, et tanto va et vene ultra et citra il luoco del perpendicolo, a poco a poco la fuga et lo moto minuendo, che ad ultimo a perpendiculo si rasetta.

[Anti.] Quel che acutamente hai detto, con aptissimo132 essempio l'hai confirmato. Ma come non hai ancor degli antipodi parlato, come proponesti?

[Nico.] Et qual altri son gl'argumenti degli antipodi, se non quelli che or ho detto? Se tutti i perpendicoli, tutti gli edificij, tutti i pesi a piombo ver lo centro calano; verso dove voi tu che guardino li piedi di tutti quei che stanno in la faccia [C:24r] dela terra se non verso il centro? Senza dubio ver lo centro, perché altramente non starriano eretti. Eretto sta collui che nell'asse dell'horizonte infilato li piedi ver lo centro, et la testa tene verso il suo zenit. Bisogna dunque che ovunque noi, o per terra, o per mare, nella faccia di questa gran palla caminamo, habiam133 gli piedi ver lo centro, ver lo quale ogni peso s'incalsa et spinge, et la testa ver lo cielo. Onde <è134> necessario, che due, che stanno in due luoghi de la terra oppositi, tengono li piedi l'un contra l'altro. Et però quei, che dal'altro hemisperio sono a noi oppositi, hanno le pianti ver noi voltate. A noi pare che noi stiamo eretti et essi sotto sopra, come Plinio par che dica, et alloro il contrario pare. Ci maravigliamo come essi, et essi come noi, non caggiano. Ma il vero è che, sì noi com'essi, eretti semo, et l'universal centro è l'infimo luogo ad ambi comune, nel qual due pesi quinci et quindi appesi pendono, <e135> lassati concurreriano. Et però come noi non timiamo di cadere in cielo, cossì né quelli; perché niente può cadere in suso, come Macrobio elegantemente scrive.

[Anti.] Io vegio bene, che cossì chiede la raggione. Ma che dirrai tu de questi huomini di tanta autorità, che contra dicono?

[Nico.] Tu vuoi dire di Lactantio et Augustino.

[Anti.] Di questi intendo.

[Nico.] Io te parlerò pria d'Augustino, et poi verrò ad Lactantio.

[Anti.] Fa come ti piace.

[Nico.] Augustino veramente non exclude la136 raggione degli antipodi, ma crede, come per antiqua, et comune opinione s'afferma, che la terra da l'acque scoperta, cossì dal'oceano sia circondata nel nostro emispherio, che nell'opposito altra [C:24v] terra habitata non vi sia.

[Anti.] Et se ve137 ne fosse, che inconveniente segueva?

[Nico.] Bisognava che nello universal dilluvio quella tal terra nell'altro138 hemisperio posta havesse stato da l'acque salva, o vero che ivi un altra arca con un altro Noè da inundatione havesse preservato acciò139 che ivi140 gl'homini et bruti s'havessero similmente propagato, de le qual due cose né l'una né l'altra, ne la sacra historia di Moysè si ritrova.

[Anti.] Or poniamo che come le sacre lettere narrano, una sola arca nel mondo s'habia nell'universal cathaclismo141 servata nel nostro emispherio; non poteano quinci gl'huomini navigare per habitare quella terra opposita?

[Nico.] Questo era quello, che ad Augustino difficile pareva et tanto più che gli antiqui non erano, come a i nostri tempi, al navigare ammaestrati et securi, né ancor si lege. Ma sia concesso che gli homini con loro ingegno, et audacia havessero passato l'immenso oceano per habitare la terra de l'altro hemispherio: ch'ivi haveria portato gl'elephanti, et gli leoni, gli draghi, et gli altri immensi et feroci animali, che vi142 sono?

[Anti.] Vi poteano forse gire notando.

[Nico.] Bene al'isole propinque: non alle terre tanto discoste.

[Anti.] Quali potea Dio per ministerio degl'angeli quivi trasportare: lasciando che poteano ancora ivi generarsi.

[Nico.] Tu dici bene, Dio può ogni cosa, et cossì mi143 pare che Augustino saldi questo dubio quanto a gli animali bruti. Cossì potea Dio trasportare [C:25r] ancor gl'huomini; et oltre ciò, chi sa se altro tempo (ben che non si lega) vi fosse stato, nel quale l'arte di navigare cossì fiorito havesse, che gl'huomini in qual voi terra transfretassero? Certo cossì havria detto Augustino, se al nostro tempo havesse stato, nel quale gli Portuesi, et Hispani per l'amplo oceano, per più mesi senza veder altro, che mare e cielo, navigando ogni iorno nove isole, nove terre, nove habitationi trovano. D'onde chiaramente si vede ridicola essere l'opinione degl'antiqui: che credea la terra habitata essere cossì cinta dall'oceano, che tutto il resto sia mare.

[Anti.] Ma tal'opinione tando havea loco forse perché gl'antichi non haveano notitia se non di quanto scrissero Strabone et Ptolomeo.

[Nico.] Cossì è, resta dunque che questo grande globo non sia così distinto, che la terra sia tutta da una parte et l'oceano tutto dal'altra. Anzi è cossì variato da terra et mare, che mai alcuno sel' pensò: che ogni iorno si trovano terre agli antiqui nostri incognite. Però è necessario, ch'el detto globo sia sperico: e che cossì la faccia dela terra come quella dell'acqua habia un medesimo centro, che è l'universal144 centro, come ancor Campano nella sua Spera dice.

[Anti.] Dunque falsa è l'opinione di quelli, che dicono la faccia del mare esser più alta dela terra.

[Nico.] Falsissima. Perché questo fera quella natura dell'acqua: la quale, come corpo liquido, sempre corre agli più basse parti.

[Anti.] Dicono alcuni dei nostri Theologi, come Paulo Episcopo bur[C:25v]gense in certe postille supra il Genesi, che con quelle di Nicolao de Lyra se stampano, che Dio fece la terra sperica et tutta chiusa dala spera aquea, et poi havendo comandato che l'acque s'aggregassero, la spera aquea si ritrasse di modo che la spera terrestre restò meza scoverta et meza immersa nel mare.

[Nico.] O ridicola145 espositione. Se cossì fosse, l'aquea superficie146 non fora equalmente lontana dal centro universale, et però più alta fora in una parte, che in un'altra et anchora più alta dela terra.

[Anti.] Et questo vole et afferma il detto Paulo.

[Nico.] Il che fora inconveniente147 grandissimo, et insalvabile; perché l'acqua sempre corre ala più bassa parte, finché ad equilibrio si riduca. Il quale equilibrio, come sopra fu detto, non è altro che acquetarse in forma sperica equalmente dal'universal centro lontana.

[Anti.] Bene hai argumentato. Ma che dirrai a Lactantio, il quale si fa beffe di chiunque crede gli antipodi?

[Nico.] Lascialo stare con la sua puerilità: che zerto, mentre se ride di cossì vera cosa, mostra la sua crassa ignoranza. Ma dimmi un poco, o Lactantio, se tu non vuoi che gl'antipodi siano, perché gl'homini non ponno stare sotto sopra, et perché le citati, e gli monti non ponno pendere, né la pluvia andare in alto, che cosa dunque voi tu che nell'altra parte de la Terra vi sia? Certo io non credo che tu cossì stolto sei, che, come Xenophane, dica che gli fondamenti dela terra in infinito vadano. Et perciò tu sei con[C:26r]stretto concedere, che la terra dal'altra parte finita sia. Se finita è, il suo fine sarrà o terra, o mare. Bisogna dunque che quella tal terra, o mare stia pendente, o vogliono, se terra o mare cossì sta; similmente vi potranno stare gl'huomini. Né mi dà impaccio, che a noi paiono pendiculi, o sotto, o sopra, stare. Ecco che dimostrativamente te ho conchiuso che gl'antipodi prendo l'ordine de la natura sono, o esser possono. Et a questo agiongo tutte le raggioni di sopra dette.

[Anti.] Certo tu non potressi più chiaramente manifestare148 la verità di questa materia. Ma è tempo homai di passare al'altre cose, se circa questo negotio, altro non ci resta.

[Nico.] Dunque per tornare al preposito, tando sono le cose librate ad una medesima altitudine, quando equalmente dal'universal centro s'allontanano, et perciò la faccia de l'acqua, librata et quieta, bisogna che sperica sia, <e149> che per centro habia l'huniversal centro.

[Anti.] Come dunque gli fabri librato chiamano un pavimento fatto a regola?

[Nico.] Veramente un pavimento plano nela superficie150 dell'horizonte, non si può librato [librato151] chiamare; perché negli extremi s'allontana dal centro più che nel mezo, e però negli extremi fia più alto, che nel mezo. Ma in sì poco spatio tal differentia è insensibile. Ma puoniamo che un piano fosse tanto ampio, che di molto spatio excedesse il diametro dela terra, allora ne accorgeriamo che tal piano s'allontaneria dal centro universale [C:26v] negli extremi assai più che nel mezo. Onde a chi per tal piano caminasse per alcun spatio gli pareria caminare ad equilibrio. Ma poi avvicinandose agl'extremità gli bisogneria ascendere, come se per le falde d'un castello poggiasse; perché s'andiria dal centro allontanando, et però anderia in alto. Et tanto più saglire gli converria, quanto più dal centro s'allontanasse, et all'ultimo la salita fora tanto eretta, che non vi porria salire.

[Anti.] Questo non è dubio. Ma chi potria fabricare un pavimento si ampio?

[Nico.] Io non mi curo di questo, ma considera quanto sia mirabile ciò che t'ho conchiuso.

figura 3

[Anti.] Cosa veramente di maraviglia degna una medesima planitie trovarsi in parte libellata et in parte clivosa.

[Nico.] Un altra non men meravigliosa, se m'ascolti odirai.

[Anti.] Anzi ten prego.

[Nico.] Sappi che un vase posto più basso più acqua contiene.

[Anti.] Cosa incredibile, in che modo la provi tu?

[Nico.] Tu sai, come per fermi argumenti conchiusemo, che la faccia del'accqua è sperica, il cui centro è esso universal centro. Quinci seguita che, quanto questa faccia del'acqua è più vicina al centro, tanto fia di minor spera, cioè perché tanto minor semidiametro sortisce. Et però quanto un vase è pieno d'acqua, la sovrastante superficie de l'acqua è portione di [C:27r] tanto minor spera, quanto più basso è posto il vase. Adonca la ditta contanatante faccia del'acqua è più curva, o più ventricosa (per dirla cossì), essendo il vase più basso; et però più acqua contiene.

[Anti.] Ben procede il tuo argumentare, perché di due portioni di spera sopra equal cerchi fundate, quella è maggior che di minor spera, perché più colmatura possiede. Ma io non veggio questa differentia della capacità degli vasi, prendo il diverso sito. Et parme che una conca piena, tanto capa posta sul pavimento, quanto sovra il tetto.

figura 4

[Nico.] Non si può in sì piccolo spatio differentia comprendere, ben la comprenderessi, se possibile a te fosse ponere il vase vicino152 all'universal centro, et ivi empirlo, perché ivi chiaramente vederessi la curvatura dell'acqua faccia, che di piccola spera sarria. Et più per meglio intendere il natural sito di quest'acqua, sappi che se la terra non vi fusse, et l'accqua havesse espedita la via d'andare ver lo centro, tando tutta con impeto d'ogni torno s'accogliria circa il centro, et per lo primo moto fluttuando a poco a poco si conglobbiria, et acquietiriase all'ultimo in sperica forma, o grande, o piccola, secondo la quantità del'acqua, il cui centro fora l'universal centro.

[Anti.] Similmente potremo dire chel centro d'ogni spera grave liberamente lasciata vene a counirsi con l'universal centro, et ivi s'acquieta.

[Nico.] Cossì è, purché la spera sia uniforme di graveza. Ma se fosse una spera di difforme gravezza, come per causa d'essempio, se una unitade [C:27v] fosse di metallo, et l'altra di legno, tando (perché la mittà più grave si spinge153 giù verso il centro universal) non il centro di tal spera, ma il centro di sua gravità, che è un altro punto, se couniria con l'universal centro.

[Anti.] Et quale è il centro della gravità?

[Nico.] E' un punto, il quale, comunque sospeso sia il corpo, sempre pende a piombo verso l'universal centro, et <che, lasciato il corpo, in modo che non vi siano ostacoli, esso154> nelo universal centro s'acquieta.

[Anti.] Adonca il centro di questa spera, che costa di terra e mare, materie difforme di peso, è for de l'universal centro. Et tu di sopra il contrario conchiudesti.

[Nico.] Tando vero fora questo, che tu inferisci, quando la terra fosse solamente d'una parte et l'acqua dala parte opposita, come gl'antiqui crettero. Ma perché il globo è cossì distinto che d'ognintorno terra si trova (come per le navigationi moderne si vede) però sta bene, che il globo sia cossì librato, che il centro suo sia uno con l'universal centro. Ma sia come voi, bisogna che la faccia di tutto il mare sperica sia, et per centro habia l'universal centro; et che le parti de la terra scoverte siano alquanto più eminenti. Altrimente seguirebbe, <o che l'acqua non giacesse librata,155> o che corresse a coprire la terra. De le qual cose l'una è impossibile et al decreto natural contraria, et l'altra per esperimento è falsa. Resta dunque che stia come t'ho detto.

[Anti.] Potria156 forse star l'acqua dabanda, per potentia divina.

[Nico.] La potentia divina creò la natura et volse che l'ordine natural ogni cosa precedesse. [C:28r] Et però noi, tal'ordine seguendo, con natural raggioni argumentamo, et cossì sempre devemo; fuor che negli miracoli et negli misterij dela christiana fede, dove Dio rumpe (ché a lui sta) gli decreti dela natura. Ma gl'huomini grossi, quando de alcuna cosa natural, che a loro impossibile paia, la raggione non capeno157, s'attaccano con la divina potentia.

[Anti.] Questo è il vero, ma troppo havressi a fare, se volessi con tutti questi contendere, che per lo crasso ingegno, questa materia158 non capendo, pertinacemente contra dicono.

[Nico.] Et aggionge che questa non è materia159 di theologi. Unde160 Petro Lombardo, nel Libro dele Theologice Sententie, di qual forma fosse il cielo tacque, dicendo che loro non dicono se non cosa che sia ala salute proficua, benché intendere et contemplare questa celeste et mondana mole, quanto ala forma, ala grandeza, al moto, al'ornato, possa cosa essere, ale volte, a l'animo utilissima, perciò che quinci si cognosce l'infinita potentia et bontà del creatore, et all'amor di quello la mente si attrahe.

[Anti.] Gli detti de'i theologi non sono tutti oracoli; et alcune fiate essi tra loro discrepano.

[Nico.] Quanto al sito et figura del mondo tai sono le raggioni del veracissimo Ptolomeo, cossì conchiude il principe dei philosophi nei Libri del Cielo, et del Mondo.

[Anti.] Hor io m'accorgo quanto eruditamente il nostro Dante Aligerio, nel suo Inferno, pone che dal nostro hemispherio fin al centro sempre descen[C:28v]desse, ma161 quindi per andare al'altro emispherio gli bisognasse salire, et che Lucifero, il cui mezo a puncto era nel centro, stasse cossì con la testa come con le gambe eruncte.

[Nico.] Questo poeta veramente fu in tutte facultà generale, et nella mathematica, acutissimo.

[Anti.] Ma io in una cosa non sono anchor sadisfatto.

[Nico.] In che?

[Anti.] Vorrei che tu un altra cosa dicissi circa il centro de la gravità: et come si trova.

[Nico.] Piglia il corpo, del quale tu voi trovare il centro de la gravità, et suspendilo dal qual voi segno, di modo che liberamente penda; et dal segno de la appensione mena una recta perpendiculare al piano dell'horizonte, come t'insegna Euclide nel XIo. Poi similmente da un altro segno suspende il corpo, et dal segno un'altra perpendiculare cala. Perché sarà bisogno che sì l'una come l'altra di queste perpendiculare passi per il centro de la gravità di tal corpo; percioché (come sopra havesti) il centro de la gravità sempre in tal perpendiculare si trova, comunque penda il corpo. Onde il punto, nel quale se intrasegano le due menate perpendiculari, senza dubio, fia il cercato centro di gravità del proposito corpo.

[Anti.] Tu m'hai data la regola, et ancho dimostratola.

[Nico.] Ma di questa materia162 pienamente si tratta nel Libro degli Equal Momenti di Archimede, dove regola si dona come in ogni figura rectilinea, o piana, o solida, si trovi il centro dela gravità, addonde [C:29r] la raggione de le statere, et bilanze si cava. Di questo altra volta si desputirà. <È163> il tempo che torniamo a quel che resta.

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