F r a n c i s c i M a u r o l y c i O p e r a M a t h e m a t i c a |
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Cosmographia | Libro terzo | Parte 1 |
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[C:85r] Dialogo Terzo della Cosmographia.
Di Francesco Maurolico Messinese-
Nicomede-
Io havea un poco innante venuto, Anthimacho mio, in questo carmelitano cenobio, per seguire la cominciata lettione degli Spherici Elementi. Ma passata è l'hora terminata1, et non veggio ancor accolti qui li soliti auditori. Onde l'ocio mio, il tuo desiderio d'intendere, il luoco apto, m'inducono ch'io t'adempia oggi, quel che l'altro dì, quando il colloquio nostro fu interrotto, t'havea promesso. Tu non lasci mai scorrere tempo vacuo. Et quando gli tuoi più inportanti negotij cessano, volentieri ritorni arrivedere gli solitarij, et ameni giardini delle nostre speculationi. Io non posso non lodare sì generoso ingegno. Veramente quinci si comprende, quanto sia l'huomo agli altri animali superiore. Quinci appare la celestial natura dell'anima nostra. Et par che Dio habbia fatto l'huomo solo, tra gli animali eretto, accioché calcate le cose terrene, solamente il cielo contemplasse. Grande addunca è la laude di quei che primi specularo le cose celesti. Et ben di quelli disse Ovidio: Felices animae, quibus haec cognoscere primis, Inque domos superas scendere cura fuit. Credibile est illos pariter vitiisque2 iocisque3. Altius humanis exeruisse caput [C:85v] Non Venus et vinum sublimia pectora fregit, Officiumque fori, militiaeque4 labor. levis ambitio, perfusaque gloria fuco: fames sollicitavit opum: Admovere oculis distantia sydera, Aetheraque ingenio suo. Sic petitur coelum, non ut ferat Ossan Olympus Summaque Peliacus sydera tangat apex. Noi dunque, sequendo la doctrina di tanti philosophi, potremo misurare la terra, il cielo, et li celesti corpi, li moti, et le distantie di quelli, parlare degli ecclipsi, del'orto et occaso delle stelle, et delle stellare forme. Or la prima cosa, che nelle osservationi celesti compresero gl'antiqui, fu l'obliquità5 del zodiaco. La quale, per auttorità di Plinio, trovò tra i Greci Anaximandro. Questa così si trova in questi luoghi citra il tropico: si piglia l'altitudine meridiana maxima del Sole nell'estivo solstitio, et la minima nello hyberno; et cavando questa da quella, resta l'arco del meridiano tra tropico et tropico; la metà di quest'arco è la massima declinatione del zodiaco dall'equinoctiale. Questa ionta con la minima, o sottratta dalla maxima altitudine meridiana del Sole, aggrega, o fa restare, l'altitudine meridiana equinoctiale del Sole. Et sottratta questa altitudine [C:86r] da un quadrante, resta la latitudine6 della regione, o vero altitudine del polo. Ma l'altitudine del Sole, o de qualvoi stella, communemente si piglia col quadrante, il quale è uno instrumento in figura d'una quarta di cerchio, contenta7 dalla quarta parte della circonferentia, divisa in 90 gradi, et due semidiametri, nell'uno delli quali sono due forami; et dal centro pende per un filo il piombo. Così posto il quadrante, in modo che la sua faccia stia sopra il piano dell'horizonte erecta in coltello8, et lo solare ragio passi per li detti forami, et per il piombo liberamente penda. L'arco della circonferentia, tral filo et il semidiametro nel quale sono li forami, sarà l'arco del circulo d'altitudine tra l'asse dell'horizonte e 'l Sole, che già il pendente filo è, come l'altro dì ti dissi, asse di l'horizonte. Onde il resto della circonferentia del quadrante sarà l'altitudine del Sole. Così anchor si piglia l'altitudine dela Luna. Così de qualvoi stella, guardando la stella per li forami del quadrante. La maxima dunque declinatione del zodiaco,<secondo Tolomeo è gradi 23 minuti 51 1/2,9> secondo Alcmeone10 gradi 23 minuti 33 1/2, secondo Giovanne de Monte Regio gradi 23 1/2, secondo Georgio Peurbachio gradi 23 minuti 28. Della qual diversità la causa è il moto della trepidatione dela 8a spera, come sente il detto Georgio, et ancor Tebit. Cognita la maxima declinatione, per la Scienza [C:86v] delli Spherici triangoli, si sanno tutte l'altre declinationi, ascensioni, descensioni, differentie ascensionali, archi diurni e nocturni, altitudini, latitudini d'orto. Come gli espositori del calculo insegnano. L'interstitio di due meridiani si trova mediante l'eclipse lunare, come s'io qui in Messina, et un altro in Salamanca observando il principio d'uno eclipse lunare, io11 trovasse chel principio dell'ecclipse, qui fosse ad hori undeci poi mezo iorno et quel trovasse ch'el principio di quel medesimo eclipse fosse quivi hore novi poi mezzo iorno. Già foramo zerti chel meridiano di Messina è hori dui più orientale di quel di Salamanca, cioè gradi 30. Similmente si potriano trovare le longitudini di quanti voi loghi dal meridiano, ch'è12 posto per extremo termino dell'occidente habitato, secondo la descriptione ptolomaica. Onde quinci si comprende, quai loghi sotto un meridiano giacciano; puosse anchora haver cognitione del'ambito della terra. Il che al volgo impossibile pare, non havendo stato mai alcuno che tutta l'habia circondato, o che la possi circondare, per l'ostacoli degli fiumi, laghi, deserti, rocche, et altri luoghi asperrimi, et inaccessibili. Ma non vede il vulgo che, senza circoire tutto il globbo, si può de tutto il circuito haver notitia. La regola, dunque, di Ptolomeo per misurare l'ambito della [C:87r] terra è questa: dal centro della terra per due luoghi che siano sotto un meridiano mena due rette fin al firmamento, le quali quivi segnano le vertici dei luoghi. Et perché il cielo con la terra è concentrico, però seguita,dall'ultima del sexto degli Elementi, et dala congionta proportione, che la circonferentia del terrestre camino tra i luoghi13 a tutto l'ambito della terra tal proportione habia, quale l'arco del meridiano tra li vertici a tutto il meridiano. Ma l'arco del meridiano è cognito per li instrumenti14, et qual proportione habia a tutto il cerchio; addunca et la circonferentia del terrestre camino tra luogo et luogo haverà cognita proportione a tutto l'ambito della terra. Et però, sapendo quanti stadij sia la circonferentia del camino, si saperà ancora quanti stadij sia tutto l'ambito. Et cossì anchor si saperia, anchor che i luoghi sotto un meridiano non fossero, considerato pur l'arco del cerchio maggiore chiuso tra li vertici. Questo medesimo si caveria considerando l'altitudini dei poli di due luoghi posti sotto un meridiano. Perché, per la detta raggione, qual proportione harà la differentia dele polari altitudini (la qual per lo15 quadrante fia nota) a tutto il cerchio; tal proportione harà la distantia dei luoghi a tutto il circuito della terra. Et però, come pria cognita la distantia, noto fia il circuito. Quinci [C:87v] Ptolomeo disse che ad un grado [che ad un grado16] rispondono stadij 500, cioè miglia17 62 1/2. Et però tutto l'ambito stadij 180.00018, cioè miglia 22500. Da questo numero Alfragano, et Tebit levano miglia 2.100, et però secondo essi sarà il terreo circuito miglia 20.400, dando a ciascun grado miglia 56 2/3. Ancora dal'altitudine meridiana d'una stella, considerata in due luoghi posti sotto un meridiano, similmente si può vedere l'ambito dela terra, sì come per l'altitudine del polo, come fe' Possidonio, per la stella detta Canobo, posta nel temone dell'Argonave. La qual stella in Grecia, non si vede mai, et però Arato non fe' di quella mentione alcuna. Andando poi verso austro, la detta stella comincia in Rhodo a vedersi, di modo che pare cossì radente l'horizonte che non si vede, come dice Proclo, se non dali più eminenti luoghi. Andando ancor più verso austro fin ad Alexandria, la quale è quasi in un meridiano con Rhodo, tal stella s'inalza sopra l'horizonte gradi 7 1/2, li quali di tutto il meridiano sono 1/48, et perciò la distantia di Rhodo in Alexandria, ch'è stadij 5.000 sarà 1/48 del terrestre ambito, et però tutto l'ambito sarà stadij 240.000, secondo l'inventione di Possidonio, cioè miglia 30.000. Ma io non vegio, secondo li numeri di Ptolomeo, che l'altitudine di detta stella, e l'intervallo di Rhodo in Alexan[C:88r]dria così appunto rispondano al detto di Possidonio. Il che non curo, purché s'intenda la regola. Or odi in che modo, per trovar il detto ambito, procede Eratosthene. Questo eresse in Alessandria un gnomone, perpendiculare al centro universale, et poi tirò dal Sole due raggi, quando è nel principio de Cancro nel mezzo dì, l'uno per la città di Syene, il quale va retto al centro, perché come udisti altra fiata, il Sole all'hora sta perpendiculare alla detta città, et l'altro ragio per la summità19 del gnomone posto in Alexandria, il quale ivi getta ombra, perché detta città è fuor dal tropico. Et così dalla proportione che ha il gnomone all'ombra, per via geometrica, trova l'angulo che fa il raggio col gnomone essere la 1/50 de quattro retti. Ma detto angulo è equale a quel che, nel centro dela terra, comprendono il ragio che va per Syene col gnomone d'Alexandria, extenso fin al centro, perché tali angoli sono coalterni, essendo li raggi del Sole quasi equidistanti. Et però la circonferentia del cerchio terrestre, tra Syene et Alexandria, sarà la 1/50 di tutto il cerchio, ma tal circonferentia si trova 5.000 stadij, adunca tutto il cerchio sarà stadij 250.00020, cioè miglia 31.250, secondo Erastothene. Benché Vitruvio, Macrobio, Capella, Plinio, et altri, per autorità del detto Erastothene, dicano stadij 252.00021, cioè miglia 31.500. A questo numero [C:88v] Hipparco, come riferisce Plinio, aggionge miglia 3.125. Cossì, secondo Hipparco, l'ambito della terra sarà miglia 34.625, che sono stadij 277.00022. Onde, secondo Erastothene, ad un grado rispondono stadij 700, cioè miglia 87 1/2, et secondo Hipparco23 stadij 769 4/9, cioè miglia 96 13/72. Dall'ambito della terra possiamo sapere il suo diametro, perché, secondo il calculo d'Archimede, la proportione della circolar periferia al diametro è quasi tripla sesquiseptima, cioè come 22 a 7, et però multiplicando l'ambito tutto per 7, et partendo il prodotto per 22, viene dalla divisione il diametro.<E così secondo Ptolomeo24> sarrà miglia 7.159 1/11; secondo Alfragano et Tebit miglia 6.490 10/11, secondo Eratosthene miglia 10.022 8/11, secondo Hipparco miglia 11.017 1/22. Or io non molto mi curo della discrepanza, ch'è25 tra Ptolomeo et Alphragano, né di quella ch'è26 tra Hipparco, et Eratosthene, però che sì l'una come l'altra è sì poca, che la potea immittere la diversità dell'occhio inspettore, o degli instrumenti, o del non preciso calculo, senza culpa degli osservatori. Ma Ptolomeo da Hipparco, et Alphagrano da Eratosthene differiscono tanto, che non è tolerabile. Alcuni vogliono che Hipparco, et Eratosthene habbiano mesurando andato per camino più montuoso, et Ptolomeo con Alphagrano per piano spatio. Il che è cosa ridicola. Io dico [C:89r] che la causa di tanta diversità non è altra che la diversità delle misure. Onde di quelle dirrò prima. Et sappi che così come l'ambito celeste se distingue con le misure del corso degli luminari, come nel passato colloquio udisti, perché quelli sono del cielo i più degni corpi; così il terrestre perimetro si parte con misure pigliate dal gresso, et dagli membri humani, perché l'homo è il più degno corpo che sia in terra. Anzi ti dico che gli primi numeratori, et li primi mesuratori numerava, et mesurava con quelli instrumenti ch'hebbero più pronti, cioè con le mani. Onde, havendo numerato da uno insino a dechi con le dechi dita, tornaro a replicare quei medesimi vocaboli et repetere quei medesimi dita. Et così come li dechi dita fecero il denario, così 10 denarij constituero il centenario et dieci centenarij il millenario, et con questa decupla27 proportione vanno in infinito. Et crede certo che questa decuplatione28 non hebbe altronde origine che dal numero delle dita, come dice29 Aristotile, et ancor Vitruvio. Et così numera ogni natione. Benché il numero denario habia alcun'altre dignità, come che può essere lineare, plano, et solido, perché può essere triangulo piano et pyramide triangulare30, come da Boethio et da Iordano si cava. Per questa medesima [C:89v] raggione, il primo nummo31 fu constituto da dieci assi erei, et denario chiamato similmente nelle continue quantità. La mesura minima fu il digito, quattro digiti fanno un palmo, quattro palmi fanno un pede. Un pede et mezzo fa il cubito. Un pede è 1/6 del'altitudine dell'homo, et il cubito il 1/4, come insegna Vitruvio. La mesura pigliata dal gresso dell'homo è il passo. Ma sì come al pigliar delle mesure si deve eligere una statura proportionata, et mediocre, così, per saper il passo, si deve in tal statura supponere un gresso temperato. La statura proportionata dell'homo, come si cava da Plinio, Solino et Vitruvio, è sì disposta, che stendendo le braccia, tanto è il spatio tra li digiti extremi degli mani, quanto dal vertice ale calci; se non che i digiti extendono alquanto più per riconpensare la exilità loro. L'altitudine dell'homo si parte in quattro parti: l'una si dà al busto, l'altra ala coxa, la32 3a alla gamba, la quarta si partono insieme la testa, il collo, et l'altitudine del pié dal talo ala pianta. Dimodo che la testa ne ha la 1/2, il collo la 1/4, et l'altitudine del pié l'altro 1/4. Così la testa è 1/8 dell'altitudine. Il33 spatio tra gli estremi dele mani extense si parte in sei: l'una si piglia il petto, due sono dagli humeri alli cubiti34, due dagli cubiti al principio delle palme, la sexta consumano le mani, benché, per me fu detto, [C:90r] excedono al quanto. Così tutto il spatio35 sarà 1/3 di tutta l'altitudine dell'homo. Il circuito del sommo corpo è la 1/2 di tutta l'altitudine. Il cingulo un terzo manco. Il circuito della somma coxia un terzo manco; et così negli altri membri fin ale brassa. Alcuni fanno la crassitudine della coxia sexquitertia a quella del collo, et questa a quella della gamba sexquialtera, quella de la gamba a quella del braccio ancor sesquialtera, et questa a quella del police dupla sexquialtera, ma in questo io non sarò calumnioso, sì come né troppo diligente. Et se l'homo si pone supino (come dice Vitruvio) con le gambe, et le braccia stese, l'umbelico36 sarà il centro di quel cerchio che passa per l'extremità delle mani et piedi. Onde però li phisici37, come dice Solino, chiamano l'huomo cioè minor mondo. Benché per altri ancor cagioni l'homo si può chiamare minor mondo, cioè dal'ornato et divina compositione, come raggiona Hermete Trismegisto. Et per la similitudine38 che ha col mondo maggiore, come Aristotele affirma nella Phisica perché il mondo è un corpo mobile, et così è l'homo. Il mondo ha Dio suo primo, et immortal motore; l'homo ha l'anima rectrice et immortale. Nel mondo il cielo informa le elementarij39 parti; et nell' homo il cerebro regge l'inferiori mem[C:90v]bri; il mondo ha due moti, il primo da livante ver ponente, et l'altro contrario a questo, et l'huomo ha il moto della raggione, et il moto della sensualità; la parte corruptibile dell'homo consta di 4 elementi, et la parte alterabile del mondo da quelli medesimi; il mondo ha due luminari, et l'huomo due occhi. Nel mondo il Sole è regola, et specchio alli moti dell'altre stelle, et nell'huomo il cuore è principio del calore et del moto. Et, per tornare al proposito, nella statura dell'huomo mediocre et cossì proportionata, il temperato gresso sarà tale che sempre, tra la puncta del pié posteriore et il calcagno del pié anteriore, sia interchiuso un piede; accioché il spatio dal mezzo del pié posteriore al mezzo del pié anteriore siano due pedi, quanto quasi è lunga la gamba, acciò le gambe col detto spatio facciano un triangulo equilatero. Adunca il temperato gresso sempre farrà i sei vestigij nell'arena, con tal mesura impressi, che ogni spatio tra due prossime vestigie sia un piede. Or quinci si cavano tutte le diversità del passo, le quali io trovo essere tre, et ogn'una di quelle in due modi, o simplice, o duplice. De la prima diversità il passo simplice contiene un spatio et un vestigio, cioè due piedi. Il duplice due spatij et due vestigij, cioè quattro pedi. De la seconda diversità il passo dupplice piglia tre [C:91r] vestigij et due spatij, o vero, tre spatij et due vestigij, cioè pedi cinque, il suo simplice piedi 2 1/2. De la terza diversità il passo simplice ha due vestigij et un spatio, o vero due spatij et un vestigio, cioè pedi tre. Il suo dupplice ha tre spatij et tre vestigij, cioè pedi sei che sono quattro cubiti. Di queste diversità la prima è la più conforme all'ordine del gresso; perché in quella ad ogni vestigio si fa un passo semplice, et ad ogni due vestigij si fa un passo duplice. Et anchora quello sempre ha un spatio et un vestigio, et questo sempre due spatij et due vestigij, per la parità del numero. Onde nel caminare numera i vestigij, et harai li passi simplici della prima diversità. Quelli dupplica, et harai il numero dei piedi. Questo parte per tre, et harai li passi simplici della terza diversità. Parte quel medesimo numero per quattro, et harai passi dupplici della prima diversità. Partelo per cinque, et harai passi dupplici dela seconda diversità, questi duplica i suoi simplici, parte ancor il numero dei piedi per sei, et harai passi dupplici della terza diversità. Et, per il contrario, quando vuoi ridurre i passi di qualvoi modo a piedi, multiplica i passi per 2, o per 4, o per 2 1/2, o per 5, o per 3, o per 6, cioè per tanti piedi, quanti trasono nel passo proposito, et harai il numero dei piedi. Et quinci potrai [C:91v] ridurre i passi d'un modo a i passi d'un altro modo, cioè riducendoli prima a piedi, et di piedi facendo passi di qual vuoi modo. Et però non mi estendo più in queste regule ad ogni mediocre arithmetico notissime. Or così come il passo in sei modi si piglia, così sei differentie di stadij, et altre tante di miglia si trovano; perché il stadio, come dice Plinio, contiene 125 passi. Il miglio 1.000 passi, come il nome manifesta. Onde il stadio è del miglio 1/8. Adunca 125 passi del primo modo fanno un stadio del primo modo, et 1.000 un miglio del primo modo, et così dell'altri modi. Ma qui è da notare chel' primo stadio fu ordinato d'Hercule. neli olimpici ludi; et fu tanto spatio, quanto ad un spirito potte caminare. Onde se chiama stadio , cioè dalla statione. Et come scrive Plutarcho, per testimonio d'Aulo Gellio, havendo visto Pythagora, apò Giove olympico, il stadio fatto da Hercole di 200 piedi, et quello comparato con gl'altri stadij, quindi, fatti d'un medesimo numero di piedi, comprese che proportione havea la statura d'Hercole ale stature degl'altri. Ma il stadio pigliato nel primo modo è 125 passi del primo modo, che sono per le dette regule piedi 250. Onde faccio conietturare che questo stadio del primo modo sia di tanta [C:92r] lunghezza, quanto fu il stadio d'Hercule. Adunca segue che 250 piedi del'homo commune siano equali a 200 piedi d'Hercole. D'onde siegue che il piede d'Hercole sia sesquiquarto al pié dell'huomo commune, et l'altezza all'altezza sesquiquarta40. Onde se la statura comune è, come fu detto sei piedi, la statura d'Hercole sarà piedi 7 1/2, anchor che Solino dica 7. Quinci, per la regula della cubica multiplicatione, o dela tripla proportione, si conosce che il corpo d'Hercole al corpo d'un homo comune ha proportione come 125 a 64, ch'è puoco men che dupla. Et questo ho toccato per haver più chiara notitia di queste mesure. Adunca per accordare, come intendo, la discrepantia dell'autori circa l'ambito della terra, dico che Tebit, et Alfragano misurano il miglio col passo del sexto modo, cioè di 6 pedi, che sono quattro cubiti, et cossì il miglio loro è 4000 cubiti, come i detti philosophi expressamente dicono. Eratosthene misura il miglio col passo del secondo modo, che ha 4 piedi, et questo è il miglio, che usa Strabone, Plinio, Antonino Pio, et tutti quasi historici, et ancor le discrittori delle navigatorie carthe, et naviganti et noialtri41; perché il passo di quattro piedi è più facile et congruo al gresso, come sopra dissi. Addunca un passo de Tebit fa un passo et mezzo di quelli di Eratosthene; et similmente un miglio di Tebit fa [C:92v] un miglio et 1/2 d'Eratosthene. Et però miglia 20.400, quant'è il circuito della terra secondo Tebit42, fanno miglia 30.600 di quelli d'Eratosthene. Ma Eratosthene pone miglia 31.500. Ecco che la discrepanza loro è poca, perché è miglia 900, che sono men che 1/30 di tutto il circuito. Con simile raggione farremo affrontare e poco discrepare Ptolemeo con Hipparcho. Ma io tengo l'opinione d'Alfragano et Tebit più dell'altre al vero propinqua, sì perché fu fatta poi dell'altre, cioè da Alcmeone43, et sì perché con quella più s'affrontano Erathostene et Possidonio. Et anchor Aristotele, il quale nel fine del secondo de Cielo, disse il circuito dela terra, secondo l'authorità delli mathematici, esser quaranta myriade de stadij, cioè 400.000 stadij, che sono miglia 50.000. Li quali non si ponno intendere, se non misurando il miglio col passo semplice della seconda diversità, cioè de' piedi 2 1/2. Et però, secondo Aristotile, l'ambito della terra si trova miglia 25.000, misurando il miglio col passo di cinque piedi. Et però ridutti a miglia, misurati col passo de 4 piedi, come fa Erastothene, sono miglia 31.250, che sono al quanto meno del numero d'Heratosthene et più di quel di Tebit, ridutto a questa misura. Questo medesimo afferma la epistola, trovata nel sepolcro di Dionisiodoro, per nome di Dionysiodoro scritta [C:93r] agli superiori. Com'esso havea dal sepulcro sceso a l'infima terra, cioè al centro, et esser quel spatio quarantadue millia stadij; onde viene ad essere il circuito miglia 33.000. Io non parlerò qui delle altre mesure che usano diverse nationi, come della Leuca Ispanica, che ha un miglio et 1/2, o vero tre miglia; né della Leuca Germanica, che ha 4, o 5, miglia; né del Scheno che, secondo Ptolemeo 30, secondo Herodoto comprende 60 stadij; né della Parasanga44 Persica, di 30 stadij secondo Herodoto; né del stadio Pythico; ch'havea piedi 1.000, secondo Censorino; né dell'altre, che fora il mio dialogo troppo lungo, et fastidioso. Vitruvio misura il camino terrestre con un carro, et il marino con una nave. Et sì45 nel carro come nella nave pone una rota, che ha nel circuito pedi 12 1/2. La qual, nel carro rotando in terra, et nella nave versata dall'acqua, ogni volta passa spatio di pedi 12 1/2 et, con un dente dal suo lato, volta ad uno ad uno 400 denti d'una seconda rota, posta a cultello. Così mentre la 2a dà una volta, la prima dà quattrocento volti, et cossì harà perambulato46 cinquemila piedi cioè un miglio. Onde qui Vitruvio misura il miglio col passo di cinque piedi. Ancora questa seconda rota, con un dente dal suo lato, versa ad uno ad uno i denti d'una terza [C:93v] rota giacente, la quale habbia per ogni dente un forame, con un calculo rotundo, et sia posta sopra un loculamento47 piano, havente un forame sotto la periferia delli forami della rota giacente. Così la rota seconda ad ogni volta, cioè ogni peracto miglio, verserà un dente della rota terza, et, congruendo il forame della rota col forame del loculamento, caderà un calculo et darrà segno del peratto miglio, et cossì farrà ogni miglio. Onde al fine del camino, numerando i calculi caduti, sarà cognito il numero delle perambulate miglia. Or sapendo un camino terrestre per miglia lo poi ridurre a gradi partendo il numero delle miglia del spatio per lo numero delle miglia debite ad un grado. Et per contrario, multiplicando li gradi del camino per il numero delle miglia debite ad un grado, ridurrai li gradi a miglia. Et cossì puoi fare degli stadij, o altra misura. Le longitudini, et latitudini delle città, promontorij48, isole, scogli, monti, fiumi, et i luoghi della faccia della terra si ponno, come udisti, captare per observatione delle cose celeste. Ma non credere per niun modo, che Ptolemeo in tal modo habbia extratto tutti i numeri de' longitudini, et latitudini della sua Geographia, perché peragrare, o far peragrare, tanti luoghi fora impossibile, nonché difficile, a qualsivoglia gran signore. Et però sappi, che Ptolemeo [C:94r] hebbe, com'esso dice, alcune latitudini da Hipparco et altri antiqui, et poi vide la Geographia di Marino Tyrio postremo di geographi del suo tempo. E quella con maggiore industria corresse; et per più recente, et certe peragrationi, et navigationi instrutto, contestimonio d'historie, tante cose aggionse, che molto più illustrò la geographia. Et cossì descrisse quanto della faccia della terra iace tral parallelo che passa per l'origine del Nilo, et il parallelo per Tyle, et il meridiano dell'Isole Fortunate extenso per l'antipodi di quelle insule. E questo è quasi la quarta parte di tutta la faccia del globo, perché ne i suoi tempi non s'havea di più notitia. Onde se il resto non scrisse, et nelle cose scritte admise alcuni errori, la colpa non fu dell'huomo, ma del tempo. Ptolemeo, dunque, havendo havuto le longitudini et latitudini d'alcuni luoghi più celebri et principali, da quelle potte extrahere le longitudini, et latitudini dell'altri49, per mezo delle distanze da viatori, et naviganti cognite. Perché, cognite le longitudini et latitudini di due citati, et sapendo la distantia da quelle ad un altro terzo luogo, per via geometrica si può sapere la longitudine, et latitudine di quel terzo luogo. Et cognito il sito di due luoghi et per qual verso50 l'uno, et l'altro guarda alcun terzo luogo, già fia anchor cognito il sito di quel [C:94v] terzo luogo. Ancora in ogni due luoghi della terra si considerano cinque cose, cioè la distanza tra loro in gradi, la latitudine dell'uno, la latitudine51 dell'altro, la differenza delle loro longitudini, et l'angulo che fa la circonferial distantia col meridiano dell'uno, o dell'altro luogo.52 Or, se di queste cinque cose, ne siano cognite le tre; cognite siano l'altre due, per via geometrica, et per la Scienza delli Speral triangoli. Ma Ptolemeo fe' tutto questo con l'aiuto del Meteoroscopio, instrumento conpatto di grandi armille. La cui fabrica et uso espone Giovanne De Monte Regio, nelli suoi Commentarij, che sopra la Geographia di Ptolemeo scrisse. Della qual materia53 qui non parlo più, perché excede l'angustia del nostro dialogo. Et però dirrò alquanto della speculatione delli moti, cominciando dal Sole. |
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