L'etnomatematica sul web (in inglese)
International Congress of Mathematics Education — ICME-10 (2004) Proceedings of the Discussion Group 15 “Ethnomathematics and Mathematics Education”
XXIII Seminario Nazionale di Ricerca in Didattica della Matematica (2005) “Matematica ed Intercultura: quale didattica?”
Le matematiche degli altri (2007) una conversazione radiofonica sull’etnomatematica
MATEMATICA O MATEMATICHE?
Franco Favilli, docente di Matematiche Complementari, Università di Pisa
In un report Unesco del 1997 si può leggere che “la matematica ha profonde radici in molte culture” e, ancora, “il linguaggio e i valori della matematica sono universali”.
Queste due affermazioni ci spingono a proporre alcune domande/deduzioni per qualcuna delle quali proveremo a suggerire delle risposte. Iniziamo dalla prima.
Se la matematica ha profonde radici in molte culture, possiamo pensare che molte culture hanno prodotto idee matematiche? Se molte culture hanno prodotto idee matematiche, possiamo supporre che molte culture continuano a produrre idee matematiche? Se molte culture continuano a produrre idee matematiche, possiamo affermare che la matematica è un prodotto culturale? Se la matematica è un prodotto culturale, possiamo dedurre che ogni cultura ha la capacità di produrre idee matematiche? Se ogni cultura ha la capacità di produrre idee matematiche, possiamo pensare che ogni società in cui una cultura si sviluppa è anche capace di organizzare tali idee e renderle fruibili al suo interno? Se ogni società è capace di organizzare le idee matematiche che produce, possiamo dire che esistono molte matematiche? Se esistono molte matematiche, allora cos’è la matematica da cui siamo partiti? Cosa sono queste matematiche? Che relazione c’è fra la Matematica (con la M maiuscola) e le matematiche (con la m minuscola)?
Riguardo alla seconda affermazione dell’Unesco ci potremmo invece domandare: Il linguaggio usato da una società nella elaborazione ed organizzazione di un proprio prodotto culturale può essere universale? Per la Matematica e per le matematiche vengono usati gli stessi linguaggi? I valori attribuiti ad un prodotto culturale possono essere universali? Alla Matematica ed alle matematiche vengono attribuiti gli stessi valori? Cosa hanno in comune, in termini di universalità, la Matematica e le matematiche?
A partire dalla metà degli anni ’80, molto si è scritto su possibili risposte a queste domande. Bishop[1] e D’Ambrosio[2], fra tutti, hanno provato a delineare un quadro teorico che servisse da supporto alle loro affermazioni.
Com’è evidente, il nodo sta nella nozione stessa di cultura. Ognuno di noi ha una propria idea di cultura, ma molti di noi si troverebbero in forte imbarazzo se volessero darne una definizione: i matematici potrebbero dire che è un concetto primitivo o, forse, che … è meglio che sul tema si confrontino i cultori della materia. I quali, peraltro, non sembra proprio che si trovino d’accordo…
Proviamo allora ad aggirare l’ostacolo seguendo un percorso proposto da White[3] e che consente di dire che: a) le funzioni della cultura sono di mettere in relazione l’uomo col proprio ambiente, da un lato, e l’uomo con l’uomo, dall’altro, e b) gli elementi costitutivi di una cultura sono categorizzabili secondo quattro componenti: ideologica (credenze, filosofie, etc.), sociologica (consuetudini, istituzioni, regole di comportamento interpersonale, etc.), sentimentale (attitudini, sensazioni, comportamenti, etc.) e tecnologica (fabbricare ed usare di strumenti, porre in essere, etc.). White aggiunge che, sebbene le quattro componenti della cultura siano fra loro correlate, la tecnologica è quella di base, perché le altre dipendono e sono determinate da essa.
Se le funzioni della cultura sono quelle indicate da White, allora la matematica è senza dubbio un prodotto culturale dell’uomo, in quanto inserito in un ambiente, parte di una società. L’uomo ha bisogno della matematica per relazionarsi con l’ambiente e con l’uomo! Ma gli ambienti e le società in cui gli uomini vivono sono diversi, richiedono da essi l’ideazione e la messa in atto di idonee strategie e tecniche di comunicazione, che non possono essere a priori le stesse, indipendenti dal contesto ma che, anzi, saranno, in linea di principio, diverse. È pertanto in questo modo che si vengono a creare anche matematiche diverse.
Su questo, pur partendo da esperienze di studio e linee di ricerca diverse, D’Ambrosio e Bishop, sostanzialmente concordano. Il primo, dopo avere introdotto il termine ethnomathematics, come “the mathematics which is practised among identifiable cultural groups such as national-tribal societies, labour groups, children of a certain age bracket, professional classes and so on”[4] ne amplia il significato in “the arts or techniques developed by different cultures to explain, to understand, to cope with their environment.” [5]
Bishop, da parte sua, osserva che “mathematics must now be understood as a kind of cultural knowledge, which all cultures generate but which need not necessarily ‘look’ the same from one cultural group to another.”[6]
A seguito di ricerche e studi su differenti matematiche, Bishop ritiene comunque di poter affermare che condizione necessaria e sufficiente per la nascita e lo sviluppo di ciascuna di esse sembra essere l’utilizzo di sei categorie di attività: Counting – Locating – Measuring – Designing – Playing – Explaining. Egli mostra in dettaglio come la quasi totalità delle idee intorno alle quali la Matematica si è sviluppata si fondi sostanzialmente su queste sei attività culturali. Sono dunque queste sei categorie di attività matematiche che possono essere indicate, esse sì, come universali; così come è da ritenersi universale la validità di una qualsiasi teoria matematica, indipendentemente dalla matematica in cui sia stata sviluppata.
Da quanto sopra detto deriva la necessità di riconsiderare uno degli stereotipi della matematica, il suo essere culture-free, il suo essere giudicata una conoscenza universale. Ma dobbiamo riconsiderare anche, conseguentemente, un altro stereotipo: il suo essere value-free. Come si può pensare infatti che un prodotto culturale non porti con sé dei valori?
Ricordando la categorizzazione delle componenti della cultura suggerita da White, dobbiamo allora ammettere che anche le conoscenze matematiche, ovunque siano prodotte, portano con sé, in quanto elemento culturale, una componente ideologica, una sociologica, una sentimentale ed una tecnologica, alle quali ciascuna società può attribuire valori diversi.
L’individuazione e definizione di un valore sono sempre difficili, in quanto caratterizzate da forti elementi di soggettività. Tale difficoltà è ancora più evidente se si vogliono individuare e definire i valori di prodotti culturali estranei alla cultura della società in cui viviamo e siamo stati educati. Lo stesso accade per la matematica o, meglio, per il complesso di conoscenze che, dall’utilizzo delle sopra citate sei attività matematiche, scaturiscono in culture diverse. Oggi siamo consapevoli del rischio di tentare di interpretare con occhi occidentali conoscenze e prodotti di culture non-occidentali e, addirittura, di attribuire ad essi dei valori, anche quando si tratta di conoscenze matematiche. Di questo rischio si sono fatti portavoce Vithal & Skovmose[7], ma, soprattutto, Zevenbergen[8] che critica la propensione degli studiosi occidentali a descrivere ogni tipo di attività e relazioni matematiche in termini di matematica occidentale (la Matematica), così perdendo di vista l’insita unicità delle singole culture indigene.
Quello che è consentito, quindi, è solo cercare di individuare dei valori attribuibili alla matematica usata da noi, in quanto appartenenti ad una particolare società che ha sviluppato una determinata cultura e che da tale cultura, anche matematica, ha tratto a sua volta gli elementi che ne hanno consentito e ne consentono lo sviluppo. Anche se consapevoli del fatto che nessuna società può essere considerata monoculturale, possiamo dire che, almeno a livello macroscopico, la matematica della cultura occidentale, di cui è permeata la nostra società, coincide sostanzialmente con la Matematica, la matematica della scuola. In effetti, anche nella nostra società vi sono gruppi sociali per i quali le conoscenze matematiche, che pure essi hanno, non coincidono con la Matematica!
Bishop, nel suo esame delle componenti della cultura indicate da White con riguardo alla Matematica individua una coppia fondamentale di valori complementari per le prime tre di esse e precisamente: razionalismo – oggettivismo, per la componente ideologica; apertura – mistero, per la componente sociologica; controllo – progresso, per la componente sentimentale. Alla componente tecnologica, per la sua natura e per il ruolo che gioca nei confronti delle altre, non vengono invece attribuiti dei valori specifici. Solo un corretto bilanciamento fra gli elementi di queste coppie di valori può rendere efficace l’educazione matematica nella società occidentale.
Non molto dissimile è il percorso che, nel corso degli anni, è stato seguito da coloro che hanno preso a riferimento il termine ‘etnomatematica’, introdotto, come già detto, da D’Ambrosio nel 1985. Come è stato evidenziato anche da Vithal & Skovmose[9], quattro sono i filoni di ricerca in ambito etnomatematico: a) sfida/critica alla ricostruzione tradizionale della storia della matematica, b) analisi della matematica delle culture tradizionali (incluse quelle oggetto di colonizzazione), c) studio della matematica sviluppata ed utilizzata da gruppi (sociali, professionali, etc.) differenti in contesti di vita quotidiana, d) relazione fra etnomatematica ed educazione matematica.
Nonostante questo quarto filone di ricerca sia da considerarsi quello unificante, perché porta avanti le ricerche emerse dagli altri tre, Vithal & Skovmose lamentano che “This is still an under-researched area compared to the above strands. Perhaps this is because it is in this area that ethnomathematics faces its most difficult challenge – that of impacting on the school mathematics curriculum”.[10]
La domanda che sottostà a tale constatazione è, sostanzialmente, questa: Come armonizzare le conoscenze acquisite nell’ambito di ricerche di natura etnomatematica (o sulle matematiche) con dei percorsi educativi in ambito matematico già delineati e, spesso, rigidamente strutturati nei sistemi formativi dei vari Paesi?
Non è un caso allora che, soprattutto a partire dal 1998, vi sia stato un crescendo di iniziative scientifiche (dibattiti, tavole rotonde, convegni, etc.) in cui la questione, anche se non sempre in maniera diretta, è stata oggetto di discussione e di confronto fra un numero sempre più grande di studiosi di educazione matematica. Da ciò discende che le tematiche correlate all’etnomatematica ed alla didattica della matematica in contesti scolastici culturalmente diversi stiano ricevendo un’attenzione significativa nei programmi e nei contributi dei congressi di educazione matematica. In tal modo si sono create le condizioni affinché un numero crescente di docenti sensibili alle modificazioni in atto del contesto culturale delle loro classi, riconsiderino metodologie ed approcci nella didattica della matematica tenendo in grande considerazione le risultanze delle sperimentazioni ispirate alle ricerche qui accennate.
[1] Bishop, A. J.: ‘Mathematics Education in its cultural context’, Educational Studies in Mathematics, 19, 1988, pp. 179-191.
[2] D’Ambrosio, U.: ‘Ethnomathematics and its place in the history and pedagogy of mathematics’. For the learning of Mathematics, 5(1), 1985, pp. 44-48.
[3] White, L.A.: The Evolution of Culture. New York: McGraw-Hill. 1959.
[4] D’Ambrosio U.: ib.
[5] D’Ambrosio, U.: ‘Ethnomathematics: A research programme on the history and philosophy of mathematics with pedagogical implications’. Notices of the American Mathematical Society, 39(10), 1992, pp. 1183-1185.
[6] Bishop, A. J.: ib.
[7] Vithal, R. and Skovmose, O.: 'The end of Innocence: a Critique of ‘Ethnomathematics’”. Educational Studies in Mathematics, 34, 1997, pp. 131-157.
[8] Zevenbergen, R.: The Construction of Social Difference in Mathematics Education. Unpublished PhD thesis, Deakin University. 1995
[9] Vithal, R. and Skovmose, O.: ib.
[10] Vithal, R. and Skovmose, O.: ib.